30-03-2022 ore 19:59 | Rubriche - Costume e società
di Gloria Giavaldi

Stefano Andreotti, al Rotary Crema 'il ritratto di un padre che ha fatto la storia d'Italia'

“Aveva una calligrafia terribile. Più passava il tempo, più peggiorava. Scriveva con un pennarello dalla punta larga. Scriveva tanto, scriveva ovunque. Il primo a suggerirgli di tenere un diario fu Leo Longanesi. Fu utile per non dimenticare gli istanti. Per fare memoria”. Fu utile a Giulio Adreotti dal 1945 al 2009. Ogni giorno. Oggi questo materiale serve ai figli Stefano e Serena “ per dare un'immagine di nostro padre vicina al nostro ricordo. Per raccontare un bello spaccato della storia d'Italia”. Questo, in definitiva, è stato l'obiettivo della conviviale organizzata dal Rotary Crema con Stefano Andreotti, terzo genito di Giulio e Livia Adreotti. Lo ha ben chiarito il presidente del club Antonio Agazzi, per il quale “questa serata è stata un'immersione nella storia contemporanea d'Italia, ma non solo”.

 

Gli anni Ottanta

Perché oltre ai 3500 faldoni di documenti e lettere che compongono l'archivio donato in vita nel 2008 all’Istituto Sturzo ed oggi di interesse storico, restano le pagine scritte di pugno, le annotazioni su agende o addirittura tovaglioli, oggi ancora di proprietà della famiglia, pubblicate dai figli in due libri editi da Solferino: I diari segreti (2020) e I diari degli anni di piombo (2021) rispettivamente dedicati agli anni '80 e agli anni' 70. Procediamo a ritroso. “Negli anni '80 l'Italia aveva assunto una posizione importante nel panorama internazionale: era la quarta potenza industriale nel mondo. I diari del sette volte Presidente del consiglio e “del miglior ministro degli Esteri che l'Italia abbia mai avuto” secondo Antonio Agazzi “sono pieni di incontri, di battute, del tentativo di portare la pace in ogni luogo di guerra. Di salvare vite. Questo era mio padre” precisa Stefano.

 

Gli anni di piombo

Gli anni di piombo sono “anni di riforme, di cambiamenti. Dopo le tragedie. Sono gli anni della crisi petrolifera, del divorzio, dell'aborto, dello statuto dei lavoratori, della riforma del diritto di famiglia, del diritto carcerario”. E del caso Moro. “quando mio padre ebbe notizia, provò un forte dolore. Quel giorno stava andando in Parlamento a presentare il compromesso storico: l'apertura al Partito comunista”. Giulio Andreotti “ha pianto due volte in vita sua: quando è morto Moro e quando è morta sua mamma. Disse che la cosa più dolorosa tra quelle che gli sono state addebitate fu appunto quella di non aver fatto il possibile per liberare Moro”.

 

'Dal processo all'ingiustizia'

Al centro del “processo del secolo” per associazione mafiosa, “per un anno e mezzo dal 1993 mio padre si fermò. Fece uso di psicofarmaci e superò tre malattie. Poi reagì grazie all'aiuto della famiglia e di due figure importanti: Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta. Con madre Teresa si scriveva: ogni lettera terminava con la formula preghi per me, quanto io prego per lei. Credo in questo periodo l'abbia aiutato anche il carattere e l'idea che la vita fosse legata all'eternità. Grazie a chi resta oggi”. Forse anche per questo fare memoria è necessario. “A settembre daremo spazio a delle lettere tra mamma e papà”. Per raccontare l'uomo e la vita di chi ha scritto un pezzo di storia d'Italia, “protagonista – chiude Agazzi citando l'avvocato Giulia Buongiorno – prima, del processo del secolo e poi, vista l'assoluzione perché il fatto non sussiste, dell'ingiustizia del secolo”.