È una gioia scoprire che gli editori sanno ancora ritrovare e pubblicare libri di qualità: è il caso di questo libro, prezioso e delicato, dello scrittore peruviano Julio Ramòn Ribeyro, che è stato pubblicato in Francia nel 2011 dall’editore Finitude con il titolo di Proses apatrides, e ora è stato meritoriamente pubblicato in Italia da La Nuova Frontiera con il titolo di Scritti apolidi. Siamo lieti di offrirvi la lettura di una di queste prose, che vanno a comporre un libro inclassificabile eppure bellissimo, sospeso fra il diario intimo, il poema in prosa, la meditazione filosofica, la raccolta di frammenti.
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Nel corso dei dieci anni in cui ho lavorato all’Agenzia, sono andato quasi tutti i giorni ai giardini del Palais Royal, a camminare per qualche minuto sotto i portici, prima o dopo pranzo e, quando non avevo soldi, al posto del pranzo. E cosa resta in me di quelle passeggiate, santo cielo, cosa resta? A cosa mi è servito quell’investimento di centinaia e centinaia di ore della mia vita? A niente, se non a lasciarmi nella memoria una cosa simile al disegno di una cartolina, sciocco nella sua precisione. Noi abbiamo una concezione finalistica della vita e crediamo che tutti i nostri atti, soprattutto quelli che si ripetono, abbiano un significato nascosto e debbano dare dei frutti. Ma non è così. La maggior parte dei nostri atti sono inutili, sterili. La nostra vita è tessuta con una trama grigia e piatta e solo raramente sorge improvviso un fiore, una figura. Forse i nostri unici atti pregevoli e fecondi sono state le parole tenere che qualche volta abbiamo pronunciato, un gesto audace che abbiamo compiuto, una carezza distratta, le ore impiegate a leggere o scrivere un libro. Nient’altro. Julio Ramòn Ribeyro – Scritti apolidi – La Nuova Frontiera / Proses apatrides – Finitude