Un fatto d’ambiente introduce uno degli aspetti meno osservati ma fra i più interessanti del mondo animale e vegetale: il ciclo di vita dei Lepidotteri. Molte sono le favole e le canzoni che raccontano storie di bruchi e farfalle. Spesso narrate da genitori, nonni e insegnanti ai più piccini. Poche invece le opportunità che entrambi, adulti e piccini, si danno per scoprire ed osservare questi bellissimi e strani esseri dalla vita incredibilmente affascinante, dalle stravaganti forme e dai colori pastello, prima di divenire farfalle o falene. Ad esempio il bruco dell’Acronicta rumicis (accanto) ha una colorazione variabile, è molto fotogenico ed è un bruco polifago, che si trova su piante erbacee ed arbustive. Insomma, esseri molto speciali, di cui anche la letteratura moderna si è occupata.
Insaziabile fame
Nel romanzo Il silenzio degli innocenti di Thomas Harris, l’autore descrive una falena - acherontia atropos - che sul dorso lanuginoso porta il disegno di un teschio il cui bruco, dal quale si sviluppa, viene chiamato appunto sfinge testa di morto. Eric Carle, autore di testi per bambini, intitola il suo libro Il piccolo bruco mai sazio, ovvero, The very hungry caterpillar, evidenziandone la fame insaziabile. Da cosa è dovuta? È l’effetto dell’impulso della metamorfosi che porta queste larve, a causa della continua crescita, a cambiar pelle più volte. Spesso questo stadio della metamorfosi da bruco a farfalla, non è quasi mai oggetto di attenzione popolare. Il fatto è sicuramente dovuto alla mancanza di conoscenza diretta dei soggetti, non propriamente facili da scoprire ed osservare se non si conoscono alcune specifiche peculiarità della loro breve vita. Come quella legata indissolubilmente all’albero sulle cui foglie la farfalla depone le uova.
Il mimetismo e la predazione
Per chi vorrà accostarsi a queste conoscenze si aprirà un mondo nuovo semplicemente osservando il loro comportamento e la loro indecifrabile bellezza. Un ulteriore motivo di fascino e ricerca è il grado di mimetismo che queste larve mettono in atto per sfuggire alla predazione. Detto ciò si comprende benissimo che i buchi sono dei veri e propri divoratori di foglie comprendente anche la tanto odiata ed infestante gatta pelosa, hyphantria cunea. Fortunatamente la nostra attenzione si dirige verso bruchi di lepidotteri meno frequenti e dannosi, ma decisamente più curiosi.
Sfinge del pioppo e furcula bifida
Per trovarli dobbiamo, da prima, identificare l’ambiente ideale dove vivono e possono alimentarsi, come quello formato dai germogli del pioppo, per la sfinge del pioppo, laothoe populi. Bruco che occupa generalmente il lato B della foglia. Molto mimetico presenta una piccola coda terminale caratteristica di tutte le sfingidi. Mentre il bruco della furcula bifida (sopra) si sostituisce alla parte di foglia che ha appena divorato. Questo splendido soggetto è caratterizzato da ben due code terminali che formano una V che innalza in caso di pericolo. Sempre su teneri foglie di pioppo troviamo strani bruchi pelosi dai caratteri preistorici come quelli dell’Orgya antiqua i cui irti peli centrali sembrano minuscoli spazzolini dentali. Altro albero con foglie ritenute ghiotte dal bruco di una delle più belle farfalle diurne, la podaliria (iphiclides podalirius, nella foto) è il prugnolo selvatico. Il suo mimetismo è ammirevole essendo praticamente disposto sul ramo e simile alla foglia stessa un capolavoro di mimetica che anche i più esperti ricercatori faticano ad individuare.
L’attesa di una nuova vita
Passiamo ora alla ad un altro bruco peloso lungo circa cinque centimetri con striature giallo arancio e bianche su fondo nero e una inconfondibile V gialla sulla testa: la Phalera bucephala (sotto). La sua forma e dimensione assomiglia ad un chicco di caffè. Questo bruco conduce una vita in gregge. Sempre ricorrendo alla macro-fotografia si scoprono nei bruchi inaspettati e unici dettagli di forme e colori, facilitati nella ripresa fotografica anche dal loro lento procedere lungo la foglia mentre brucano in continuazione sapendo che alla fine li aspetterà un’altra e diversa vita, fatta di privazioni, rinchiusi dentro un bozzolo o nel terreno in uno stato di quiescenza, nell’attesa di schiudersi a primavera per cominciare a volare.