Di fronte ad un fattore alterante e ad un possibile danno il sistema immunitario attiva un meccanismo, chiamato omeostasi, che tende a riportare il sistema nelle condizioni normali. Questo meccanismo è l’infiammazione: si attiva quando un possibile danno è identificato e in tutte le sue fasi è basato sullo scambio di informazioni tra popolazioni cellulari, a cascata. Queste informazioni sono trasmesse tramite un linguaggio chimico (molecole segnale) che si propaga nei tessuti, viene rilevato dalle cellule attraverso molecole situate sulla loro superficie (recettori), capaci di legarsi alle molecole segnale. I recettori, una volta attivati dal segnale, inducono nelle cellule, ad esempio in quelle del sistema immunitario, comportamenti adeguati al caso (movimento, produzione molecolare, proliferazione).
Segnale e recettore
Il legame tra segnale e recettore è specifico e solo le cellule che hanno quel particolare recettore reagiscono a quel particolare segnale. Però, anche le cellule coinvolte possono emettere segnali e attivare altre cellule insensibili al messaggio originale, come ad esempio le cellule del tessuto danneggiato. Si tratta quindi di un meccanismo complesso, composto da popolazioni di cellule diverse e da una rete di molteplici segnali. È come un’orchestra che suona musiche il cui spartito può essere diverso, pur essendo gli stessi orchestrali a suonare. La cosa stupefacente è che le varie sinfonie sono perfettamente adeguate alla situazione. Ciascuna popolazione cellulare può avere un’azione complementare, amplificativa o inibitoria rispetto all’evoluzione complessiva, seguendo regole che sono ancora sconosciute. Una delle ipotesi esplicative è che queste regole valutino il rapporto costi benefici delle possibili risposte dell’organismo, come avviene in altri scenari naturali: un predatore sceglie le prede per cui la fatica della cattura vale il beneficio, altrimenti le ignora.
Il processo infiammatorio
Il primo passo dell’infiammazione parte dai segnali di profili molecolari associati ai patogeni (Pamp) o associati ai danni (Damp). I primi derivano dai microrganismi e quindi provocano l'infiammazione in risposta alle infezioni. I secondi derivano dalle cellule dell'ospite, comprese le cellule tumorali, le cellule morte o morenti o i prodotti rilasciati dalle cellule in risposta a segnali di sofferenza (ad esempio riduzione di ossigeno, come negli infarti) e non richiedono un'infezione patogena. Il processo infiammatorio che ne scaturisce in entrambi i casi ha potenzialità lesive anche per i tessuti normali. Ad esempio, molecole prodotte dal sistema immunitario contro i batteri sono dannose anche per cellule normali. Perciò, l’infiammazione va controllata e, soprattutto, spenta, quando lo scopo per cui è stata prodotta è raggiunto. Questo permette ai tessuti di generare un processo di rimaneggiamento che ripara il danno e raggiunge una condizione adeguata alla funzione dell’organo leso. In certi animali le capacità riparative sono stupefacenti: una salamandra è il grado di guarire l’amputazione di un arto rigenerandone uno nuovo di zecca. Noi mammiferi adulti perdiamo questa capacità e ripariamo il danno con una cicatrice. Anche per noi, però, una lesione in un embrione viene riparata ripristinando il tessuto sano, senza alterazioni.
Invecchiamento e infiammazione
Dunque, in un sistema sano e bilanciato, una volta raggiunto il controllo della situazione patologica, l’infiammazione recede. Però, se questa situazione continua a presentarsi, la riparazione non può essere mai completa, la reazione infiammatoria prosegue e diviene un’infiammazione sistemica di basso grado, che c’è ma non dà sintomatologia evidente. A questo punto un sistema di guarigione è diventato un sistema che crea ulteriore danno. È un dato di fatto che l’infiammazione accompagna quasi tutte le malattie nel mondo moderno: cardiopatie, cancro, malattie infiammatorie intestinali, Alzheimer, obesità, diabete e altro. Esiste, poi, una relazione tra invecchiamento (aging) e infiammazione, che ha portato all’efficace neologismo inglese inflamm-aging. Esso è il prodotto dell’esposizione per una vita a fattori lesivi vari, ambientali e sociali (denominati esposoma).
L'esposizione a fattori lesivi
L’esposoma della vita moderna è drasticamente diverso da quello dei cacciatori raccoglitori che ci hanno trasmesso gli equilibri fisiologici. Nelle popolazioni indigene e tradizionali attuali, che assomigliano maggiormente ai nostri antenati, l’infiammazione sistemica e le malattie che l’accompagnano sono relativamente rare. Dunque, l’impatto dell’esposoma moderno segna una trasformazione nella risposta infiammatoria, da risposta che guarisce a risposta che danneggia. In altre parole, la crescita della frequenza delle malattie non trasmissibili dei giorni nostri, un’impossibile epidemia per mancanza di agenti trasmissibili, non deriva da nuove patologie degli umani, ma è l’effetto di una risposta corretta all’ambiente patologico in cui viviamo. Le malattie che affliggono le società così dette avanzate sono dovute alla loro ecologia sociale, economica, politica e ambientale. I problemi della nostra salute non sono risolubili se non modificando queste condizioni.