25-01-2021 ore 20:28 | Rubriche - Medicina e salute
di Sara Valle

Centro psicosociale. Covid e impegni del domani: 'bisogna vivere, non sopravvivere'

“E' stato un fulmine a ciel sereno”. Al Centro psicosociale dell'Asst di Crema, i ricordi dei momenti immediatamente successivi allo scoppio dell'emergenza sanitaria sono ancora vivi. Al pari del desiderio di ripristinare il benessere nella vita delle persone. “Il nostro lavoro si basa sulla relazione. Anche oggi, nonostante il distanziamento, pur con modalità diverse che ci consentono di mantenere un legame” lo spiega senza troppi giri di parole il primario Claudio Maffini. Con lui anche lo psichiatra Secondo Cogrossi. Alla parete è appeso un poster. “Ho fatto in modo che ci fosse solo questo” ammette la coordinatrice Monica Carioni “riguarda una iniziativa del 2019, dedicata alla salute mentale femminile. E' il desiderio che si possa tornare a condividere, a con-vivere”.E' trascorso del tempo, ma gli intenti restano chiari. Superano le difficoltà, travalicano i ruoli, uniscono le persone. “Abbiamo dovuto riorganizzare tutto. Nel giro di una notte, lo scorso 22 febbraio, venivano annullati tutti gli interventi programmati in favore dei pazienti, non v'era più spazio per attività gruppali di risocializzazione e supporto alle attività quotidiane, il Centro diurno vedeva chiudere le porte alle quaranta persone che lo frequentavano per programmi riabilitativi individualizzati”. L'ascolto si è fatto parzialmente da remoto “per mantenere un contatto, una presenza ed un monitoraggio. Per molti pazienti le visite domiciliari non si sono mai interrotte grazie in particolare a infermieri, educatori, terapisti della riabilitazione psichiatrica, assistenti sociali, che non hanno mai smesso di andare al domicilio dei pazienti, anche più volte la settimana”. “Per le urgenze – precisa Cogrossi - abbiamo sempre prestato assistenza presso i nostri ambulatori, al pronto soccorso e nei reparti di degenza”.

 

Granelli di normalità

Per i pazienti coltivare legami è importante, almeno quanto respirare il profumo di casa. All'inizio della fase due la mission di cura del dipartimento ha riconquistato granelli di normalità. “Le attività domiciliari e la risocializzazione sono riprese con considerevole incremento grazie alla programmazione di attività di walking in piccoli gruppi per tutti i giorni della settimana, tanto per i residenti in città, quanto per pazienti abitanti in comuni del territorio cremasco. La convenzione e collaborazione decennale con la cooperativa Koala, all'interno del progetto La casa tra la gente ha permesso di riprendere l'attività riabilitativa di orticoltura già a partire dal maggio usus. Da circa due mesi abbiamo avviato un'attività di risocializzazione e gestione del tempo libero, con cadenza bisettimanale, piccoli gruppi di quattro o cinque utenti partecipano ad un cineforum, grazie alla disponibilità di spazi aziendali. L'intento è stato quello di spezzare i confini domestici proponendo attività pratiche al fine di rieducare i nostri assistiti al recupero di una normalità di vita”.

 

Un nuovo orizzonte

Non si è spenta la volontà di stare accanto a chi chiede aiuto per la prima volta. “Complessivamente il numero dei primi accessi nel 2020 è stato superiore a quello degli anni precedenti” spiega Maffini “nonostante una quasi totale inattività nel periodo di chiusura”. Ciò che si avverte è una richiesta di aiuto, di entrare in relazione, di cercare un confronto. Sono numerosi i giovani che manifestano difficoltà “legate alla privazione della socialità, all'ossessivizzazione di determinati comportamenti, alla sensazione di vivere in un contesto rispetto al quale non si vede via d'uscita”.E' dunque necessario proporre un nuovo orizzonte, una via d'uscita, una nuova prospettiva. Maffini riflette, sorride, tamburella con le mani sulla scrivania “i giovani corrono il rischio di non guardare dove stanno mettendo i piedi, si aggrappano”. Sono invece chiamati a partecipare per rendere la vita migliore a loro stessi e agli altri: non si vive sopravvivendo, ma si vive vivendo. Anche oggi, nonostante i limiti e l'avanzare della tecnologia: “essa è un mezzo non un fine, per tornare a vivere, meglio”.

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