24-07-2023 ore 20:23 | Rubriche - Costume e società
di Andrea Galvani

Vivere ancora. Ti credi immune alla debolezza ma ‘la paura diventa grande quando sei da solo’

“Mi sono sentito solo. Profondamente. Ma posso dire di essere stato fortunato”. Stefano ha atteso l’ambulanza per cinque o sei ore, prima di essere ricoverato. Nei primi giorni a Cremona non aveva nemmeno la forza di prendere il telefono e di chiamare a casa: “per cui non sapevano se ero ancora vivo”. Non è facile rivivere l’epoca del Covid, ma è un dovere. Vivere ancora è il progetto di Cremaonline, in collaborazione col centro ricerca Alfredo Galmozzi, per registrare le situazioni di fragilità del territorio cremasco. In questo servizio presentiamo l’incontro tra i membri della Libera associazione terza età e gli alunni della classe 1D della scuola secondaria di primo grado Sentati di Castelleone.

 

Immuni alla debolezza

Raccontarsi riannoda i fili della propria esistenza, chiarisce ciò che è stato e nell’incontro con gli altri, in questo caso ragazzi e ragazze di prima media, è possibile lenire le ferite. O quantomeno consente di provarci. Condividere la paura di quei giorni, ripartire da quell’istante decisivo: “sono stato fortunato. Perché dal giorno dopo l’ambulanza neanche arrivava più”. Allenatore di una squadra di giovani calciatori, Stefano si è sempre considerato una persona forte; il Covid ha fatto emergere in lui il bisogno di appoggiarsi a qualcuno. Ha incontrato la fragilità, ha avuto il coraggio di chiedere aiuto. Ha compreso che “alla fine si ha sempre bisogno di qualcun altro”. Immersi nella quotidianità, troppo spesso ci convinciamo “di essere immuni a questa fragilità, a questa debolezza”.

 

Senza voce per cantare

Oriana ha avuto paura. Durante la malattia, nell’interminabile mese di ricovero ospedaliero ha visto solo medici e infermieri, “coperti dalla testa ai piedi”. Tornata a casa aveva perso la voce per poter cantare, la passione di una vita. Anche in questo caso si è trattato di un nuovo inizio: “in sei o sette mesi, con l’esercizio, non sono tornata al cento per cento però sono quasi come prima”. Ancora positiva al Covid, non poteva uscire di casa. Lo racconta con un velo di emozione negli occhi: “stavo sul balcone. Ho avuto molti amici, che dalla strada mi venivano a trovare”.

 

Amicizia e fraternità

Antonietta ci racconta della Late (l’associazione libera età), delle decine di persone che formano una maglia strettissima, una fittissima rete: l’obiettivo è socializzare e sostenersi in caso di necessità. Usare meno il telefono e parlarsi di più, incontrarsi di più. La guerra, l’aumento dei prezzi e del costo della vita, il Covid hanno portato le persone “ad avere più paura. E la paura diventa grande se sei da solo”. Al contrario, “con un tessuto connettivo di amicizia e fraternità diventa spontaneo aiutarsi e lo si fa volentieri”. Oltre al corso d’inglese o per l’uso del computer, ora è in cantiere un corso per l’uso degli smartphone: “in questo modo si riesce a farne argomento di conversazione coi nipoti, stimolare la curiosità”. Libertà, insegnava Gaber, è partecipazione. Per molti significa offrire una parte del proprio tempo agli altri, per saldare il debito “con chi si è preso cura di me quando ho avuto bisogno”. L'incontro si conclude con un segreto svelato ai ragazzi e alle ragazze. Tornerà utile in ogni situazione della vita: "la cosa più importante è stare insieme. E parlare".

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