Dopo la comparsa e la diffusione dell’agricoltura, un secondo momento storico fu determinante nel cambiare radicalmente le modalità di vita degli umani. A partire dalla metà del ‘700, avvenne un insieme di profonde trasformazioni nella produzione di beni, nella struttura sociale e nella distribuzione territoriale delle popolazioni, principalmente concentrata nelle aree della così detta “civiltà occidentale”. L’Inghilterra fu all’avanguardia di queste trasformazioni, partendo dall’industria tessile. Fu lì che la privatizzazione delle terre condusse ad un ristretto ceto di ricchi proprietari e, come conseguenza, ad una vasta platea di salariati agricoli. Gran parte della popolazione fu privata di una fonte diretta di mezzi di sopravvivenza, fu costretta ad acquistare il proprio sostentamento e si trasformò, quindi, in mano d’opera a basso costo.
Nasce l’operaio
L’introduzione delle macchine a vapore alimentate dal carbone nelle operazioni di tessitura indusse un’espansione senza precedenti delle attività estrattive del combustibile e la nascita della fabbrica come centro della struttura di produzione. Nasce la figura dell’operaio, che nella fabbrica aveva il suo unico impiego, sottoposto al ritmo di lavoro della macchina e al controllo di sorveglianti diretti, assillato dal rischio della disoccupazione. Nella fabbrica, l’operaio perdeva la visione complessiva di quello che stava facendo ed era ridotto a ingranaggio di un processo produttivo, che non era neppure in grado di conoscere.
L’orario lavorativo
Le condizioni di lavoro erano molto gravose, con orari oscillanti fra le dodici e le sedici ore giornaliere, con largo impiego di donne e di bambini, sottoposti a incredibili livelli di sfruttamento. I ragazzi con più di 6 anni erano ampiamente impiegati e solo verso la metà dell’800 la giornata lavorativa fu ridotta a 10 ore per i bambini sotto i 10 anni e per le donne. Va aggiunta l’estrema precarietà del posto di lavoro con ondate di disoccupazione periodiche. I centri urbani crebbero a dismisura e disordinatamente, insieme alla formazione di un proletariato urbano che disponeva di risorse economiche scarse e si adattava a sistemazioni di fortuna: cantine, solai, edifici dismessi o vecchi.
Le condizioni di vita
Le abitazioni costruite nelle vicinanze degli impianti industriali erano di natura speculativa, con servizi igienici usualmente assenti, poche stanze sovraffollate. L’ambiente era malsano con fumi di scarico, rumori, sostanze inquinanti, fogne a cielo aperto, rifiuti ovunque. In questo quadro è facile intuire come la trasmissione delle malattie, la diffusione di infezioni ed epidemie non trovassero ostacoli, ma fossero anzi facilitate dalle dure condizioni di lavoro e dalla povertà, che determinava un’alimentazione inadeguata. Il progresso tecnologico dovuto all’introduzione delle macchine invece di produrre un miglioramento delle condizioni di vita e di salute si rivelò disastroso per la maggioranza degli umani coinvolti. Quale distanza tra l’ambiente dei cacciatori-raccoglitori, in cui la fisiologia umana si era formata e quello in cui viveva la popolazione di questo periodo di iniziale industrializzazione: metà del XVII – prima parte del XIX secolo.
Il colonialismo
Nei due secoli successivi il processo di industrializzazione si diffuse nel mondo occidentale (Europa, Nord America) con ritmo sempre più accelerato. Le innovazioni tecnologiche divennero frutto di ricerche specializzate in laboratori scientifici e università, finanziate dagli imprenditori e dai governi nazionali per il miglioramento dell’apparato produttivo, non della qualità di vita. Le economie dei vari stati nazionali cominciarono a divenire interdipendenti e sembrò avvicinarsi il sogno degli illuministi che nel mercato condiviso vedevano il superamento delle barriere nazionali e la realizzazione del cosmopolitismo. La realtà si rivelò del tutto diversa: si realizzò un feroce scontro di nazionalismi e proliferò la sciagurata pratica del colonialismo. Progressivamente, l’evoluzione tecnologica esplose. Elettricità (dinamo, illuminazione, telefono, fonografo, radio …), Petrolio (motore a scoppio, diesel, automobile), Acciaio (rotaie, piroscafi, costruzioni), Chimica (coloranti, esplosivi, fotografia, plastiche, fertilizzanti, pesticidi, farmaci), Elettronica (telecomunicazioni, computer, internet) sono entrati nella pratica comune. Con lo sviluppo delle tecnologie, il modo di produrre e di vivere è cambiato radicalmente, con miglioramenti notevoli, anche se distribuiti in modo non uniforme, come possiamo constatare direttamente ai giorni nostri.
Pesticidi, alcool, sigarette
Le magnifiche sorti e progressive dell’umanità, vagheggiate nel secolo dei lumi, si sono rivelate pura illusione. Le tecnologie hanno avuto sviluppi incredibili (ad esempio gli umani sono sbarcati sulla Luna), ma anche i fenomeni di regresso a forme di atroce disumanità si sono moltiplicati. Le due guerre mondiali, l’olocausto, Hiroshima e Nagasaki non sono stati sufficienti a impedire nuove guerre, genocidi e violenze che fanno parte della quotidianità. L’uso di prodotti dannosi e letali, come pesticidi, alcool, sigarette e simili, è considerato lecito nella concezione mercantile della società dei consumi. Al di là di ogni giudizio etico, è evidente che il nuovo mondo degli umani è lontanissimo dall’assicurare loro benessere e salute.