20-11-2013 ore 20:07 | Rubriche - Storia delle religioni
di don Emilio Lingiardi

Continua la nostra riflessione sul messaggio del Concilio: la Chiesa è nel mondo per donare la luce del Vangelo all'umanità

Solo alla vigilia della conclusione del Concilio, dopo discussioni interminabili e quasi logoranti, il Papa Paolo VI con i vescovi ha approvato l’ultimo documento di questo evento che dà il tono e lo stile alla stessa assise conciliare: la “gaudium et spes”, la questione del rapporto Chiesa – mondo. Era il 7 dicembre 1965.

Linee contrapposte
Fin dall’inizio della discussione si sono rivelate due linee contrapposte; la prima vedeva la Chiesa e il mondo, quasi due realtà nemiche in contrasto tra di loro. La Chiesa doveva combattere il mondo, luogo del rifiuto di Dio e del Vangelo secondo quanto Gesù stesso aveva detto: “non prego per il mondo”. Parecchi vescovi chiedevano una condanna del marxismo, del comunismo, del modernismo come eresie negative della dimensione spirituale dell’uomo e per tanto di Gesù stesso.

Logica dell’incarnazione
Un’altra linea invece fedele interprete del progetto positivo della creazione (e Dio vide che tutto era buono) contemplando la logica dell’incarnazione nella quale Dio si era profondamente inserito nel mondo e nella sua storia, vedeva più corretto riflettere sulla presenza della Chiesa nel mondo per il quale Dio nel suo amore, ha mandato suo figlio a salvare tutta l’umanità.

L’amore della Chiesa per l’uomo
Siccome non si trovava un accordo si è preferito iniziare con la condivisione con la quale la Chiesa intende vivere gioie e speranze, dolori e fatiche che attraversano il cuore dell’uomo e si è così dato lo stile “pastorale” che Papa Giovanni XXIII aveva indicato per il Concilio senza definizioni o condanne, ma con uno sguardo profondamente positivo verso tutte le dimensioni del mondo.

Visione ottimistica del mondo
La trattazione dei vari argomenti (dalla famiglia alla cultura, dalla pace all’economia) risente certamente del clima ottimistico di quegli anni: un raggiunto benessere economico, una maggiore distensione tra Russia e Stati Uniti, l’indipendenza di tanti paesi dagli imperi coloniali, anche se l’aspetto meno profetico riguarda proprio il problema della pace che ha ignorato la “pacem in terris” di Giovanni XXIII per l’affermazione di una guerra che può essere giustificata, dietro pressione dell’episcopato americano che doveva sostenere l’intervento militare in Vietnam.

I segni dei tempi
Il criterio offerto a tutti, credenti e uomini di buona volontà assume l’idea evangelica dei segni dei tempi, come appelli urgenti a una lettura delle problematiche umane con la sapienza di Dio: i segni vanno purificati se in contrasto con l’uomo; vanno riconosciuti come positiva partecipazione alla luce di Dio e vanno poi elevati nella loro positività all’altezza di Gesù che, figlio di Dio e vero figlio dell’uomo, ha santificato ogni aspetto dell’umano.

Vedere, giudicare, agire
Una dimensione educativa, presa soprattutto dalla J.O.C. (gioventù operaia cattolica) sottolinea un triplice impegno: vedere, giudicare, agire. Si deve guardare con occhio limpido l’uomo e il mondo; si passa poi ad un giudizio basato sulla sapienza evangelica e di conseguenza si sottolinea un impegno concreto per collaborare alla diffusione ed estensione della signoria di Dio che affida l’universo all’uomo, perché fedele interprete, possa cooperare a questa manifestazione del cuore di Dio che è amore, vita, e pace.
1962