“Non sono mai stata così male in tutta la mia vita. Penso che apprezzerò molte cose in maniera diversa”. Quella di Diana Visigalli, trentaduenne di Castelleone, è la voce di chi ce l’ha fatta. Di chi ha vinto il coronavirus, con ancora il terrore negli occhi. “Non è uno scherzo. Questo virus è imprevedibile. Colpisce tutti, indistintamente”. E condanna alla solitudine. “La gente muore sola, isolata, lontana dagli affetti. Questo è il lato peggiore”. A casa, nel suo letto, ripensa alle notti trascorse presso l’ospedale Oglio Po di Casalmaggiore, dove è stata trasportata. “Sentivo di continuo campanelli suonare, medici correre senza mai fermarsi, persone soffrire e morire”.
Situazione d’emergenza
Sono passati pochi giorni dalla sua dimissione, ma certi attimi nella sua mente sono più vivi che mai. “Il Covid-19 non è una banale influenza. Per circa una settimana mi sono curata con il paracetamolo, ma la febbre non si abbassava. Poi sono subentrate complicazioni respiratorie e gastriche. Sono andata in ospedale, mi hanno accolta in una tenda da campo”. Il tepore di una stufetta, i primi esami. Poi la verità, la paura e la fiducia nei medici: “I sanitari stanno lavorando in una situazione davvero complicata”. I ritmi di lavoro sono serrati, ci sono vite da salvare. Tante. “Vite vissute e giovani. Questo virus non guarda in faccia nessuno. Io sono giovane e ce l’ho fatta, ma alcuni miei coetanei sono in terapia intensiva e stanno lottando per la vita”. È una corsa contro il tempo. Che nessuno vuole perdere. “Medici e infermieri stanno facendo l’impossibile. Stanno rischiando la loro vita per salvare la nostra. A tutti loro va il mio grazie più grande”.
Alla ricerca della normalità
A casa, oggi, Diana indossa la mascherina. “Mi proteggo e non mi sposto. Lo devo a me, alla mia famiglia, ai miei amici, a tutti”. La normalità è ancora lontana, ma prova a riconquistarla a piccoli passi: “La mia salute è ancora precaria, mi ci vorrà un po’ per ristabilirmi del tutto. Guardo indietro e sono felice per avercela fatta”. Guarda avanti e prova a ricostruire la sua vita: “Ieri ho lavorato un po’, da casa ovviamente”. Poi accenna un sorriso: “La normalità tornerà. Non oggi, non domani, ma tornerà”. Ci crede, ci spera e prova a plasmarla nel suo piccolo: “In questa situazione ho capito che la gentilezza e la solidarietà fanno la differenza. Ho visto infermieri accogliermi tra le braccia e ripormi in un letto d’ospedale con delicatezza, nonostante l’emergenza. Ho percepito unione e vicinanza, nonostante la distanza. Credo che questo essere uniti ci permetterà di vincere”. Insieme, anche se lontani.