Sono state pubblicate dal Ministero della Salute le nuove linee guida sull'aborto farmacologico: annullano l'obbligo di ricovero dall'assunzione della pillola Ru486 fino alla fine del percorso assistenziale e allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza, così come accade in molti paesi europei. L'aborto farmacologico, ritenuto sicuro, potrebbe consentire alle donne di tornare a casa anche solo mezz’ora dopo l’assunzione del medicinale. Sul punto, Vincenzo Siliprandi, direttore dell’unità operativa di ostetricia e ginecologia dell'Asst Crema spiega: “La Ru486 è in commercio da oltre 10 anni ed è usata in ospedale a Crema da sempre”.
Il procedimento di somministrazione
“Nel primo accesso, la paziente si reca in ospedale, fa gli esami del sangue e se non risulta nulla di anomalo (come allergie ai principi attivi) si procede con la somministrazione per via orale del farmaco che blocca la gravidanza. Rimane ricoverata un paio d'ore e poi torna a casa. Secondo la pratica attuale dovrebbe rimanere in struttura per tre giorni. Tuttavia, la maggior parte delle donne si autodimette dopo due ore dall’assunzione della pillola, assumendosi la responsabilità. L’accesso successivo, dopo due giorni, consiste nell’assunzione del secondo farmaco abortivo espulsivo e, in questo caso, la paziente rimane ricoverata fino all’espulsione del feto che, di norma, avviene entro 12 ore”.
Meno rischi rispetto alla chirurgia
“L’aborto farmacologico dovrebbe avvenire entro la settima settimana di gestazione, anche se ora si può prorogare fino alla nona settimana e in regime ambulatoriale”. Secondo il primario “questo metodo comporta meno rischi rispetto a quello chirurgico. Un raschiamento ha un basso tasso di complicanza, ma vi possono essere alcuni problemi, tra cui la difficoltà a trovare una nuova gravidanza. Tale rischio è, invece, totalmente assente con l’assunzione della Ru486”.