Il 19 luglio del 1992 venne fatta esplodere una Fiat 126 imbottita con 100 chili di tritolo e parcheggiata nei pressi dell'abitazione della madre di Paolo Borsellino. Nella strage di via D’Amelio persero la vita il magistrato e i cinque uomini della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto fu l'agente Antonino Vullo. Cinquantasette giorni prima, il 23 maggio 1992 in un altro attentato, a Capaci, vennero uccisi Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Gli unici sopravvissuti furono gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l'autista giudiziario Giuseppe Costanza.
Legalità e giustizia
In un recente intervento pubblico, Fiammetta Borsellino ha ricordato che “coltivare il valore della memoria è necessario per proiettarsi nel futuro con la ricchezza del passato. Significa anche dire in maniera ferma e decisa da che parte stiamo: dei valori della legalità e giustizia per i quali sono morti”. A venticinque anni di distanza “dobbiamo pretendere la restituzione della verità che dia un nome e un cognome a quelle “menti raffinatissime” che con le loro azioni ed omissioni hanno voluto eliminare due servitori dello Stato. In particolare nelle prime, delicatissime ore, successive all'attentato”.