18-07-2021 ore 20:28 | Rubriche - Costume e società
di Gloria Giavaldi

Elisa Bolgiani, una tesi di laurea dedicata ad Abio: 'l'ospedale? Se lo conosci non lo temi'

La corona d'alloro sul capo, il sorriso che spiega la felicità costruita giorno dopo giorno con semplicità. Elisa Bolgiani lo racconta ai bimbi da molto tempo. A scuola o nella corsia del reparto di pediatria con i volontari dell'associazione Abio (Associazione per il bambino in ospedale). “Sono un'insegnante della scuola dell'infanzia e orgogliosamente una volontaria Abio dal 2016. Mi sono laureata nei giorni scorsi in scienze della formazione primaria, presso l'Università Cattolica del sacro cuore sede di Milano, descrivendo una versione del tutto personale di Se lo conosci non lo temi”, l'iniziativa con cui Abio entra nelle scuole per spalancare ai bimbi le porte dell'ospedale da una prospettiva diversa: “cerchiamo di spiegare ai bimbi che non devono avere paura dell'ospedale e del dottore. Li aiutiamo a conoscere gli strumenti del medico ed il materiale che viene loro consegnato in reparto al momento del ricovero”.

 

Spiegare il dolore

Oltre alla lettura di un libro e alla visita medica dell'orso Fabio, Elisa ha voluto attivamente coinvolgere i bambini in un'attività ludica. “Ho presentato uno strumento del medico per giorno agli alunni della sezione dei gialli della scuola Buon pastore di Crema, rendendoli protagonisti di varie attività”. Così, ad esempio, una mascherina è diventata una grande coccinella, l'abbassalingua un orso bianco realizzato dai piccoli, le siringhe si sono trasformate in pennelli per realizzare opere artistiche. “Il mio obiettivo è far capire ai bambini attraverso il gioco che il dolore è destinato a trasformarsi in qualcosa di buono. Che il medico può far loro male per un secondo per poi regalare benessere”. Questo, in soldoni, il lavoro raccontato nella tesi di Elisa, dal titolo: Se lo conosci non lo temi. Un percorso per prevenire il trauma del ricovero ospedaliero per la scuola dell'infanzia. Il titolo, scritto in oro, brilla sulla copertina blu. “Dal punto di vista teorico ho approfondito la condizione psicologica del bambino ospedalizzato, individuando le modalità per prevenire il trauma del ricovero”. La motivazione è strettamente personale: “da piccola ho sempre avuto paura della dottoressa. Per me è sempre stato un vero e proprio trauma”.

 

Giocare per capire

Il timore trova nel gioco un avversario formidabile. “Il gioco aiuta il bambino a ridurre lo stress derivato da una situazione straordinaria. Un bimbo non vive l'ospedale abitualmente, si trova in un luogo poco conosciuto senza punti di riferimento”. Ecco che il gioco regala normalità. “È l'alleato perfetto per il volontario Abio: aiuta il bimbo a distrarsi e dona serenità anche alla famiglia, inevitabilmente coinvolta nel processo di ospedalizzazione”. Oltre i sorrisi, tuttavia, è opportuno creare anche nei più piccoli consapevolezza. “Con mia grande sorpresa mi sono trovata a lavorare con bambini dai 3 ai 6 anni che non conoscevano il ruolo del medico, né gli strumenti che questo utilizza. Ho potuto toccare con mano ciò che la letteratura racconta: spesso i piccoli pazienti sono terrorizzati dalla realtà medica perché non la conoscono. Ecco, allora, che che il mio progetto punta proprio a questo : fare a pezzi la paura dell'ignoto per aiutare i bambini ad essere più consapevoli in un contesto maggiormente protetto rispetto a quello ospedaliero, quale è quello della scuola”.

 

Bambini protagonisti

Tra un incontro smart coi volontari Abio ed alcune attività in presenza, “è stato bello coinvolgere i bimbi in un periodo così complicato dal punto di vista sanitario”. In un momento in cui le strutture sanitarie hanno rivelato la loro centralità “anche i bimbi sono stati partecipi di tutto questo: non possono e non devono essere estromessi dalla realtà”. Le foto raccontano di momenti pieni di divertimento, colori, sorrisi e nuove scoperte. “Dedico ai bimbi il mio tempo perché credo siano la chiave del futuro e mi piace pensare di poter contribuire in minima parte alla loro crescita. I loro sorrisi mi regalano serenità. Le giornate a scuola e in ospedale mi aiutano a staccare dalla vita privata. Mi ricordano che ci siamo solo noi, io e loro, per costruire insieme il domani”. Quel domani che ora è ad un passo. “La mia vita non cambierà. Continuerò a fare ciò che ho sempre sognato: sono e sarò un'insegnante. Spero solo di poter proporre il progetto in altre scuole affinché rientri nelle iniziative per le competenze di cittadinanza: è importante che i bimbi conoscano la realtà ed i servizi di cui un giorno potranno fruire, è fondamentale che i bimbi siano consapevoli”.

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