18-04-2021 ore 20:26 | Rubriche - Costume e società
di Gloria Giavaldi

Infodemia, la cura è fatta di responsabilità e fiducia: il ruolo centrale di tv e new media

“Il 2020 è stato l'anno del cambiamento”. Si apre con questa consapevolezza il webinar proposto dal master Fare tv dell'Università Cattolica del sacro cuore di Milano, condotto da Massimo Scaglioni, direttore del Centro di ricerca sulla televisione e sugli audiovisivi. Il titolo è emblematico: Un anno dopo. La pandemia nei media, il virus della comunicazione. Richiama quello del testo scritto dallo stesso Scaglioni con Marianna Sala e di recente aggiornato L'altro virus. Comunicazione e disinformazione al tempo del Covid-19. Dopo un anno, in epoca di pandemia e di infodemia, è tempo di bilanci. É necessario, per provare a fare ordine. “In questi mesi la tv generalista ha mostrato la sua centralità” esordisce Scaglioni. Sono cambiate le modalità di fruizione. “Con i cinema chiusi, gli audiovisivi si consumano sul divano di casa”. Per questo anche lo streaming ha avuto un'impennata. I social media sono divenuti un punto di riferimento per larghe fasce d'età. Un luogo dove recepire informazioni sanitarie corrette. “Questo – interviene la presidente di Corecom Lombardia Marianna Sala – li ha portati, per la prima volta, a riconoscersi un ruolo di responsabilità e di indirizzo nei riguardi degli utenti”. Lo hanno fatto per un obiettivo alto: “evitare che si facesse disinformazione sanitaria”.

 

Costruire una responsabilità

Secondo Giovanni Boccia Artieri, direttore del dipartimento di scienze della comunicazione dell'Università degli studi di Urbino Carlo Bo “le piattaforme hanno riconosciuto di avere una responsabilità editoriale, hanno cercato di responsabilizzare le comunità. In linea generale, si riscontra una sensibilità sociale più alta e trasversale”. In gioco si sono messi davvero tutti: dagli influencer ai micro influencer fino ai più giovani. “Si è verificata una pressione da parte dei pubblici più giovani per costruire una responsabilità”. Di contro, poi, non vedendosi adeguatamente rappresentati dai media nel racconto delle conseguenze subite dalla categoria, i ragazzi hanno creato una loro narrazione, inserendosi nel contesto attuale: “i giovanissimi sono parte della narrazione quotidiana che la pandemia produce e che dobbiamo imparare ad ascoltare”.

 

Centralità da conservare

L'emergenza – secondo Anna Sfardini, direttore didattico del master Fare tv – ha acuito “la fragilità della fiducia, facendo emergere storie fondate sul sospetto dell'altro”. In questo contesto la tv “ha recuperato terreno, riscoprendosi un mezzo davvero potente: il mezzo fiduciario degli italiani per eccellenza”. Per il direttore di Retequattro Sebastiano Lombardi: “il vissuto di chi fa tv ha avuto la progressione tipica di una malattia: prima eravamo increduli, poi vagamente consapevoli ma bisognosi di informazioni, infine impegnati a conquistare un nuovo stato di normalità”. Consapevoli poi di essere nuovi attori del mercato, l'intento è stato quello di “non smarrire l'eccesso di attenzione. La centralità del mezzo ha determinato degli errori e palesato la necessità di consegnare agli interlocutori più onesti la responsabilità di comunicare sulla pandemia”.

 

Tv e nuovi media

Paolo Carelli, docente di teoria e tecnica dei media all'Università Cattolica ha lanciato uno sguardo al futuro “tra ripartenze, distopie e nuovi scenari”, dialogando con il mass mediologo Carlo Freccero. Senza dimenticare ciò che abbiamo affrontato. “Il lockdown – spiega Freccero – ha conferito alla tv un ruolo istituzionale, non discutibile, non negoziabile, consentendole di svolgere una funzione sociale di informazione sanitaria diffusa”. Di contro, nell'ambito della dicotomia tra media istituzionali e spazi di libertà che la rete offre, si è sviluppata una narrazione di propaganda “tanto più forte, quanto più forte è la crisi” interviene Lombardi. Si è creato un terreno fertile per le fake news che “hanno comunque una funzione identitaria: costringono sempre la verità a qualificarsi” chiosa Lombardi. Guardando al futuro Freccero non ha alcun dubbio: “la ripartenza passa necessariamente dalla realizzazione di un piano di resilienza. La comunicazione non potrà far altro che adeguarsi: si passerà da una comunicazione istituzionale e sociale ad una comunicazione di carattere economico”.

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