17-11-2020 ore 20:32 | Rubriche - Medicina e salute
di Gloria Giavaldi

Giornata dei bimbi prematuri. Erika: "Enea voleva vivere, me lo ha insegnato lottando"

La berretta gialla, la copertina rossa, la mano stretta forte a quella di papà. Al di là dell'incubatrice. Per esplorare il mondo e vivere ogni attimo. Si racconta così il desiderio di vivere di Enea. “Enea è il mio guerriero. Abbiamo lottato tanto insieme per vivere questa vita”. Mamma Erika Parazzoli pronuncia il nome di suo figlio più volte, lo scandisce, ne va fiera. “È nato prematuro, di 27 settimane. Da quel momento non ha mollato un solo istante”. É la forza sconosciuta dei bambini nati troppo presto, cui è dedicata la giornata di oggi, martedì 17 novembre, che viene celebrata anche a Crema con l'illuminazione in viola del palazzo comunale.

 

Paura e speranza

“La prematurità sembra una condizione lontana, che riguarda gli altri”. Finché non ti ritrovi in mezzo. “Prima della nascita di Enea, non sapevo cosa fosse la terapia intensiva neonatale, il neuropsichiatra, il sondino e la pep mask”. Poi le ha vissute sulla pelle. Ha provato paura, ma l'ha vinta. Per lei e per suo figlio. “A 16 settimane si era rotto il sacco amniotico. Enea è nato a Bergamo, di 27 settimane con un cesareo d'urgenza”. Sono stati giorni intensi, pieni di preoccupazioni, vissuti con il desiderio perenne di stringere suo figlio tra le braccia. “Ha passato 5 mesi in ospedale”. Tra le mura della terapia intensiva neonatale. “È stato dimesso con il sondino nasogastrico. Doveva fare ginnastica respiratoria con la pep mask. Ho fatto dei corsi per assisterlo al meglio. Dovevo portarlo a casa a tutti i costi”. Doveva consentirgli di vedere il mondo che ha avuto così fretta di scoprire: “Ce l'ho fatta. Ora Enea ha due anni e sta bene, è solo un po' sottopeso”.

 

La forza della vita

Alterna i momenti di gioco agli incontri con la fisioterapista dell'Asst di Crema nell'ambulatorio dedicato ai bimbi prematuri. Oggi sempre più dilazionati. “Si è creato il giusto feeling, necessario per un percorso di cura ottimale”. Ora anche la tutina di sostegno per aiutarlo a stare in piedi non serve più. Cammina da solo. Vuole esplorare il mondo. Accanto a sua sorella. “I loro sorrisi mi danno carica. Mi hanno sempre aiutata anche nei momenti complessi” ammette Erika. Deve essere così, ridendo, che si trasmette la forza della vita.

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