17-08-2023 ore 20:04 | Rubriche - Costume e società
di Andrea Galvani

‘Essere una persona disabile non è facile. Però, se trovi chi ti accoglie come sei, puoi farcela’

“Intransigente e testarda. Generosa, curiosa e poetica. Amante del caffè e della musica italiana”. Rosangela Martinenghi ci accoglie a casa con semplicità disarmante. Con la gioia di chi sa incontrare le persone e conosce il segreto del vivere pienamente. La sua infinita dolcezza, la sua profondità, il suo sorriso cadenzano il racconto della sua storia per Vivere ancora, il progetto di Cremaonline in collaborazione col centro ricerca Alfredo Galmozzi dedicato alle fragilità personali e collettive del territorio cremasco.

 

Continuavo a vivere

Era una bambina quando ha "incontrato la disabilità", entrando in quella che chiama “la seconda vita”. Aveva nove anni e ha avuto un incidente stradale: “Sono stata in coma per 65 giorni, ma continuavo a vivere”. Con l’aiuto della famiglia è riuscita a fare “un sacco di cose”. Dopo la scuola a san Bernardino “insieme a tutti gli altri”, ha frequentato un corso di cucito presso le suore del buon pastore: “i loro insegnamenti li ho conservati”. Anche i contatti son stati mantenuti. Profondi, veri. Capaci di superare ogni barriera, anche quelle del tempo. Al termine del Cfp è stata assunta dal comune di Crema: “è stato un percorso bellissimo”.

 

Si chiama Pazienza

Ha lavorato per 25 anni, “poi la mia disabilità mi ha fatto dire stop”. Le colleghe le hanno consegnato “un diploma di pensione” e le hanno regalato un trolley per i suoi viaggi. Durante il lockdown si è rotta il femore ed è stata ricoverata a Milano, prima di far ritorno a Crema, dove ha passato più di tre mesi al Kennedy. L’unico familiare che poteva vedere era il fratello infermiere. “Ora che è passato tutto riesco a camminare, col deambulatore”. La guerra in Ucraina ha avuto i suoi effetti: “ha colpito anche me. La mia badante, essendo di quel paese, è tornata da suo marito”. La vita le ha portato altre occasioni. “La nuova badante viene dal Ghana: io la chiamo Patty, ma lei si chiama Pazienza”. Dolcissima, i suoi modi di fare ricordano una poesia di Tagore: “Se tu non parli riempirò il mio cuore del tuo silenzio e lo sopporterò. Resterò qui fermo ad aspettare, come la notte, nella sua veglia stellata. Con il capo chino a terra. Paziente”.

 

Il mio infinito

Col profumo intenso del caffè e la luce del suo sorriso a riempirci gli occhi, ci spiega che “essere persona disabile non è facile. Però se trovi intorno a te gente che ti accoglie come sei, puoi farcela”. Frequenta l’Anffas e durante un’attività, ha avuto modo di riflettere sull’arte di Leopardi. Ne ha tratto un componimento originale, di una bellezza struggente. L’ha intitolato Il mio infinito. “Sono seduta in cucina, con la testa appoggiata sulla mano e guardo il mondo che sta fuori dalla mia finestra. Io sono tranquilla dentro, fuori c’è il sole, l’aria e il cielo azzurro. La natura è bella, ma io ho paura. Le persone là fuori sono troppo difficili. Io qui dentro mi sento al sicuro. Sulla mia carrozzina guardo il mondo fuori, che non è ancora pronto per me”. Ci chiede se abbiamo altre domande. Sorride ancora. Ne avremmo mille, ma ogni parola sarebbe superflua: grazie Rosangela, grazie davvero.

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