17-01-2022 ore 19:50 | Rubriche - Medicina e salute
di Gloria Giavaldi

Naso rosso e cuore in faccia: i clown all'hub vaccinale di Crema donano splendidi sorrisi

Fermi in posa non ci stanno neanche per la foto. Le mani mirano al cielo, gli occhi si riempiono di fantasia. Il camice bianco che indossano si mischia ai colori, al buonumore, alla curva di un sorriso. Celato dalla mascherina, certo, ma i clown dell'associazione Vip Italia si riconoscono. “Abbiamo il naso rosso, la maschera più piccola del mondo: svela chi siamo. A differenza di quelle che indossiamo oggi, non cela”. Non preserva, piuttosto espone. “Mette a nudo ognuno di noi: aiuta a mettersi in gioco per gli altri”. Ad abbattere muri per costruire nuove strade. Anche in occasione di pochi scambi di battute al centro vaccinale di Crema durante il fine settimana. I ruoli si improvvisano. L'obiettivo, invece, è scolpito: “risvegliare il bambino interiore di ciascuno. Perché clown si nasce, ma poi il coraggio di ridere, di prendere in giro i pensieri e prendersi gioco del dolore, con l'età che avanza, si perde per strada. Dovremmo tutti imparare dai bambini. Con loro giocare è più facile. E ridere è un gioco da ragazzi”.

 

Il cuore in faccia

Gli attrezzi del mestiere danno una mano. “Il naso rosso è un pezzo di cuore. Lo facciamo vedere, lo portiamo in giro. Insieme al nostro modo di essere”. La storia di ciascuno si riassume negli pseudonimi: Tazzi e Pistacchio (con la acca). Poi c'è Zmbua: “il suono di un bacio”. Di labbra che si sfiorano per raccontare la bellezza di stare insieme. “Usiamo pseudonimi perché sono nomi che abbiamo scelto dopo un percorso che ci ha fatto capire cosa vuol dire essere clown”. Silenzio, per qualche secondo. “Vuol dire mettersi a disposizione. Mettersi in gioco senza avere il ruolo di protagonista. Aiutiamo le persone a coltivare la loro voglia di scherzare, a ritrovare il proprio bambino interiore”. Tra il tendone d'accoglienza, la sala d'attesa, la somministrazione e la successiva osservazione, il tempo scorre in fretta. La piega di un sorriso dura un solo istante, ma la felicità resta. A volte è una scelta, altre volte un dono. Sempre, uno stato d'animo: “facciamo in modo che venga portata a casa”. Venga custodita, coltivata. Non deve prendere polvere negli angoli di una cantina, piuttosto alimentarsi di battute e di scambi. “In ogni momento”.

 

Stupirsi dell'inatteso

“Qui ci impegniamo per far sì che le persone in attesa non restino prigioniere, chiuse nella bolla dei pensieri. È molto meglio scambiare quattro chiacchiere, no? Spesso c'è chi ci chiede un aiuto nella compilazione dei moduli perchè preoccupato per la vaccinazione. O chi ci chiede di accompagnarlo durante la somministrazione. E poi ci siamo noi, per tutti. Non solo per i bimbi”. Ché, ridere, soprattutto da grandi, è una cosa seria. “Proponiamo un'accoglienza emotiva e distensiva. Aiutiamo le persone a scaricare lo stress sociale, a sentirsi accolte”. La distanza non gioca a sfavore: “capiamo che le persone desiderano un confronto. Forse perché dopo un periodo così complesso per le relazioni sociali, tutti sappiamo cosa abbiamo perso. Tutti sappiamo che ci meritiamo di ridere”. Di vivere. “È bello vedere quanto tutti restino piacevolmente stupiti di fronte a qualcosa di diverso dall'atteso”. Da un sorriso, da un gioco, da una battuta. Da un paio di occhiali verdi fluo, accessorio indispensabile per ridere durante un'intervista.

 

La forza del sorriso

“Beh, sì, ti stanno bene” mi fa notare Pistacchio (con la acca) “ma guarda che alla fine me li devi restituire”. “Scusalo, oggi è pignolo” lo apostrofa Zmbua. In pochi secondi, la distanza (almeno quella emotiva) diventa solo un'idea. Lontana. “Patch Adams (l'ideatore della clownterapia ndr) ci ha insegnato che quando si cura una malattia si può vincere o perdere, quando ci si prende cura di una persona si vince sempre. Forse è per questo che, nonostante non sia più giovanissimo, ho scelto di diventare clown” ammette Pistacchio “seriamente”. “Riceviamo molto più di quel che diamo” gli fa eco Tazzi. La sua felpa giallo fluo spunta da sotto il camice bianco. Una scritta e un cuore rosso catturano la mia attenzione: Qui batte un cuore clown. Quello di chi vuole donare buonumore. Le potenzialità terapeutiche del sorriso “vengono studiate dalla gelotologia”. L'etimologia riporta al greco, ai tempi antichi. Ché il mestiere di ridere è parte degli esseri umani, “ma quando si mischia al dolore richiede empatia. Richiede rispetto”.

 

Essere clown

Per questo l'associazione Vip Italia (Viviamo in positivo) organizza corsi di formazione sugli strumenti base e le norme igienico sanitarie. “A Crema siamo attivi dal 2019. La pandemia ha bloccato le attività in ospedale, abbiamo lavorato in estate all'aperto soprattutto con Anffas. Vogliamo far ridere persone di ogni età”. Le adesioni da parte di aspiranti volontari sono molte: “speriamo di poter rilanciare presto un nuovo corso di formazione” precisa Zmbua: “di certo, ad oggi, rappresentiamo l'unico Positivo che è meraviglioso diffondere” ironizza Tazzi. Il sorriso col naso rosso viaggia. O meglio viaggiava prima del Covid “Prima della pandemia eravamo impegnati nei reparti ospedalieri e nelle rsa. Ora speriamo di poter ripartire”. Per ridere, insieme. “Ridiamo con le persone, ma le ascoltiamo e comprendiamo anche un eventuale rifiuto. Spesso ci rapportiamo con degenti allettati, privati per la loro condizione dell'autonomia: scegliere di poter sorridere o no in nostra compagnia è un loro diritto. Poter scegliere rende liberi, dona autorevolezza a ciascuno di noi". Se serve "incassiamo il no e poi ci riproviamo: spesso i peggiori no, diventano i migliori sì”. Spoglio gli occhiali, scatto una foto: “ i vostri nomi?”. Silenzio. “Angela Buscaino, Alberto Dossena e Mirko (con la kappa) Cocchi (con la acca) , ma oggi siamo Zmbua, Tazzi e Pistacchio”. Il naso rosso, in effetti, è ancora lì: “siamo fatti così: è parte di noi”.

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