“È una patologia complessa, ma il medico ha il dovere di rassicurare pazienti e famiglie, coltivando un rapporto costante con loro e tenendo sotto controllo il decorso della malattia”. Oggi l'epilessia non è più “il male oscuro di un tempo”. Salvatore Savasta, direttore dell'unità operativa di pediatria dell'Ospedale Maggiore di Crema chiarisce subito di cosa si tratta: “è una patologia neurologica complessa del sistema nervoso centrale che si manifesta improvvisamente, senza alcuna avvisaglia, a tutte le età”. Consiste in “un'alterata funzionalità dei neuroni che generano scariche elettriche ripetute dopo uno stimolo”. Non basta una sola manifestazione critica a formulare la diagnosi. L'epilessia colpisce l'uno per cento della popolazione, “ma il 60 per cento dei pazienti sono in età pediatrica”. L'incidenza è più elevata nei primi tre anni di vita “perché legata all'immaturità funzionale e strutturale del sistema nervoso centrale, che deve trovare ancora un equilibrio tra lo stimolo e la risposta nervosa”. Resta alta nei primi dieci anni di vita e poi cala.
Patologia pediatrica complessa
"Le classificazioni delle varie forme di epilessia negli anni sono cambiate. Quella più aggiornata è del 2017. Si distinguono epilessie sintomatiche, determinate ad esempio da lesioni cerebrali o infezioni da forme congenite. Queste ultime in pediatria rappresentano circa un terzo delle epilessie trattate”. Savasta proviene dal Policlinico san Matteo ed è specializzato in neurofisiopatologia all'ospedale Mondino di Pavia. Si è a lungo occupato di epilessia in età pediatrica in pubblicazioni diverse. Ha indagato vari aspetti per cercare di offrire un quadro il più possibile esaustivo. “In età pediatrica la complessità della patologia è notevole”.
Forme diverse
Parlare di medicina lo appassiona. Elenca dettagli, sintomi, differenze. “Si manifestano nel primo anno di vita le encefalopatie epilettiche, così come in quel periodo si possono avere manifestazioni critiche dovute a malattie metaboliche congenite o la cosiddetta sindrome di West, spesso associata a patologie più gravi come la sclerosi tuberosa”. Più tardiva è la diagnosi in caso di crisi di assenza: “avviene intorno ai 4 anni. Si verifica quando il bambino manifesta un'alterazione del contatto con il mondo esterno con una perdita di coscienza più o meno completa, non risponde a stimoli vocali, tattili, ha lo sguardo fisso. Alla fine della crisi il bambino non ricorda nulla”. Chiudono il cerchio le epilessie “benigne impropriamente dette, quali ad esempio l'epilessia occipitale notturna, che si manifesta di notte e sporadicamente o l'epilessia rolandica, spesso nemmeno trattata a livello farmacologico”.
Specialità
Nel 70 per cento dei casi la patologia si stabilizza se “si provvede ad una corretta somministrazione del farmaco antiepilettico, secondo l'indicazione del medico ad orari regolari”. In ogni caso è fondamentale che “in età pediatrica l'epilessia venga inquadrata nelle sue specificità e seguita da un medico specialista”. A tal proposito a Crema “abbiamo creato un ambulatorio per le malattie rare e di neurologia pediatrica al quale afferiscono bambini con malattia epilettica. Vengono seguiti costantemente in collaborazione con il servizio di neurofisiologia per l'esecuzione degli esami necessari”.
A scuola e in famiglia
Quanto alla consapevolezza sul tema, la strada da fare è ancora lunga: “a livello familiare l'epilessia viene vissuta dai genitori come fonte di forte ansia e preoccupazione. Non bisogna creare una patologia nella patologia per non condizionare eccessivamente il bambino. A scuola spesso manca la consapevolezza: diversi episodi isterici o sincopali vengono scambiati per epilessia ovvero crisi di riso immotivato, manifestazione tipica di epilessia in età evolutiva, vengono punite con un castigo”. A questo si aggiunge spesso “l'indisponibilità a somministrare il farmaco che in situazioni d'urgenza potrebbe risolvere l'attacco epilettico”. Il dottor Savasta si ferma: “è, prima di tutto, una questione di cultura”.