15-11-2022 ore 20:26 | Rubriche - Medicina e salute
di Gloria Giavaldi

Riabilitazione dipendenze. La 'casa' di Asst Crema aiuta a riscoprire la bellezza della vita

“Siamo diversi, ma possiamo stare insieme ed essere accoglienti gli uni con gli altri. Credo di averlo imparato qui. Se mi guardo allo specchio oggi vedo una persona amorevole ed affidabile, anche se posso ancora migliorare”. Riccardo (nome di fantasia) risiede negli appartamenti riabilitativi dell'Asst di Crema, destinati a persone con dipendenze, collocati nei pressi del presidio Santa Marta di Rivolta d'Adda. “Ho scelto di varcare quella porta perché sapevo di non essere in grado di gestire l'astinenza. Ero schiavo della sostanza, mi ha aiutato a cancellare il passato. Anzi, credo mi abbia salvato la vita. O, meglio, mi abbia permesso di vivere nell'illusione. Sono stato vittima di abusi, ho iniziato a 16 anni ad usare cocaina. La mia giornata passava senza interessi, solo in funzione delle dosi. Avveniva tutto meccanicamente. Ad un certo punto non c'era più l'euforia, c'era solo la dipendenza”. Un velo sottile, ma resistente, capace di nascondere il passato. “Quando è nata mia figlia è scattato il ricordo di ciò che avevo subito. Ho chiesto aiuto alla sostanza, ma più mi drogavo, più la situazione peggiorava”. Fino a quando è esplosa. “Dopo essere stato sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio, ho capito che potevo essere altro. Sapevo di valere di più. Dovevo solo essere ascoltato e rieducato. Oggi ho capito che quello che fanno gli altri dipende dagli altri. Quello che faccio io dipende da me. Ora non scelgo la sostanza: voglio vivere la realtà accanto a mia figlia, non posso più accontentarmi dell'illusione”.

 

Cambiare

Il cambiamento parte da quel tetto, da quella porta che si è aperta, da quel gruppo di persone diverse capaci di accogliersi, di comprendersi, di sostenersi, oltre le fatiche del vivere quotidiano. “Qui tutti i giorni è una scoperta. Non esiste un punto d'arrivo”. Esiste un nuovo punto di partenza “questa casa è un trampolino per il futuro”. Un'occasione per andare avanti, un passo dopo l'altro. “Oggi ho un lavoro, poter supportare mia figlia, poter essere un riferimento per lei è la mia soddisfazione più grande. È la mia motivazione più grande”. Il consolidamento dell'autonomia, attraverso la ricerca attiva del lavoro è uno dei baluardi, del progetto terapeutico proposto nell'ambito di questa progettualità dall'unità operativa diretta da Paolo Marzorati. “Le persone che entrano da quella porta” ci spiega l'educatrice Sarah Carfi “hanno già sostenuto circa un mese di degenza in reparto. Qui, grazie all'apporto di un'equipe multidisciplinare, chiediamo loro di rallentare, di utilizzare ogni esperienza per capire cosa si sta facendo e imparare a mettersi nei panni altrui. La dipendenza da sostanze porta a funzionare in modo individuale, in questa casa cerchiamo di costruire un nuovo equilibrio, facendo spesso i conti con resistenze al cambiamento. Chiediamo a ciascuno di loro di fare un passo indietro. Lo stesso vale per i familiari. Le sostanze congelano le situazioni, qui diamo opportunità di ricostruire o costruire qualcosa di nuovo”. Come fili che si ricuciono o abiti nuovi, da scolpire addosso. “Molte persone negli appartamenti sperimentano ed apprendono la complessità del vivere, plasmano la loro vita adulta, camminano con noi per dare forma ad un progetto diverso da quello con cui si è entrati. La sostanza resta, ma è sempre una scelta consapevole decidere di usarne oppure no”.

 

Bellezza in ogni attimo

Ai tre appartamenti di prima fase, si affiancano altri tre di co-housing. Il progetto proposto è individualizzato e tiene conto del contesto di appartenenza di ciascuno. “In tutte le esperienze è fondamentale il ruolo del gruppo: è lo strumento principale di lavoro per trovare la propria individualità. Non è la somma delle parti, vive di una vita propria, data da quanto ciascuno riesce a mettere in comune. È luogo di conforto, confronto e cambiamento. È l'occasione per condividere un tratto di strada”. Per trovare anche nel dolore una mano tesa. E negli istanti di vita condivisa un motivo per sorridere. “Lavoro qui da 26 anni. Ho accompagnato ed accompagno tanta sofferenza. Credo di essere cambiata, di aver imparato ad aspettare, di aver costruito empatia, di essere rimasta semplicemente accanto. Alle storie, alle persone, alla vita. Ma anche di aver imparato a ridere molto: solo se impari a scorgere bellezza in ogni frammento, allora sì, questo è un bel lavoro”.

 

Coltivare fiducia

È dai frammenti che si riparte per ricomporre la vita. Marta (nome di fantasia) appoggia lo spolverino sul divano. “Il sabato – ci spiega – è dedicato alle pulizie”. Le sedie collocate sul tavolo lo fanno intendere rapidamente: il pavimento in salotto ancora brilla. “Ci prendiamo cura della casa, della nostra vita, tra un dolore da abbracciare e un sorriso da condividere”. O meglio, da vivere. “Si fanno esperienze di gruppo, uscite collettive, giornate a teatro: apprendiamo insieme il bello della quotidianità. Ho iniziato questo percorso pochissimo tempo fa, credo sia per me una grande opportunità. Ho cominciato da giovanissima ad abusare di alcool e sostanze stupefacenti ed ho sempre avuto difficoltà a relazionarmi con gli altri, a riconoscere le mie difficoltà, a chiedere aiuto. Questa esperienza mi aiuta a coltivare fiducia ogni giorno: non si dona istantaneamente, richiede fatica e pazienza, ma è l'alleata fondamentale in un percorso di questo tipo. Sono ancora in una fase di assestamento e sono alla ricerca del lavoro, per me è fondamentale, ma è importante anche sperimentare sulla pelle la bellezza della vita”.

 

Relazioni con il territorio

La struttura punta all'evitamento della cronicizzazione. “Cerchiamo di far capire loro – riprende Carfi – che non serve riempire vuoti, ma vivere la vita. Insieme”. Da questo presupposto prende le mosse la volontà della direzione generale di Asst Crema di “intensificare le relazioni tra il polo di Rivolta d'Adda ed il territorio, affinché, anche grazie alla creazione della casa di comunità e dell'ospedale di comunità, divenga sempre più un presidio territoriale, oltre ad incrementare il suo valore come presidio riabilitativo”. Per il direttore sociosanitario Diego Maltagliati “la realtà degli appartamenti di Rivolta d'Adda rappresenta un unicum ed ha ottenuto anche il plauso dell'allora assessore regionale Letizia Moratti in visita sul territorio”. È casa di storie, di dolore, di speranza, di vita. È una casa che spalanca le porte alla vita. Che dà nuova aria alla vita.