13-02-2021 ore 18:25 | Rubriche - Costume e società
di Gloria Giavaldi

Andrea Devicenzi lungo il cammino della vita: 'con lo sport lascio sempre nuove orme'

“Lo sport mi ha salvato la vita. Mi ha aiutato a lasciare nuove orme, a ritrovare i passi smarriti”. A costruire. Anche con una gamba sola. “Oggi ho 47 anni, una vita piena, tanti hobby e nessun attimo da dedicare al pensiero che qualcosa sia impossibile”. Andrea Devicenzi, atleta paralimpico di Martignana di Po, scandisce bene la parola impossibile, la ripete più volte, ci gira attorno, ma non la abbraccia più. Tra i silenzi si infilano sprazzi di consapevolezza. “Ho perso la gamba sinistra in un incidente in moto il 28 agosto 1990. Avevo 17 anni. Alle 10 di sera mi sono ritrovato in mezzo alla carreggiata coricato sull'asfalto. Ho subito pensato alla moto. Poi mi sono accorto che qualcosa non andava. Il giorno dopo, quando mi sono svegliato dall'intervento chirurgico, ho capito che la mia vita era cambiata”. Aveva una gamba in meno. Teneva stretto a sé il timore di proseguire. “Nei quattro mesi successivi tutto sembrava impossibile: lo sport, gli amici, il lavoro. Era sfumata anche l'opportunità di avere una famiglia”.

 

'Ho scelto me'

Suona il campanello. “È mia moglie, vado ad aprire”. Torna e riattacca: “oggi credo che l'incidente mi abbia salvato la vita. Dopo un arresto cardiaco di 50 secondi, mi è stata data l'opportunità di continuare a vivere perché avevo ancora qualcosa da fare qui”. Non sulla moto, ma sulla strada della vita. Andrea non nasconde la sua età. Si tiene stretti i suoi 47 anni. “Sono giorni vissuti che mi hanno permesso di costruire la consapevolezza di ciò che sono, di ciò che posso ancora fare, degli obiettivi che posso raggiungere, delle storie che posso raccontare”. Accanto a lui ci sono le stampelle. “La mia vita non è più quella di prima. L'incidente l'ha stravolta, ma è comunque straordinaria. È stato importante capire, capirsi, imparare a guardarsi. Non ha senso perdere tempo ad inseguire un sogno, è meglio investirlo per realizzare un obiettivo. La vita non è illusione, la vita è vita”. Si respira e si assapora. Lontano dagli sguardi altrui. “Otto anni dopo l'incidente ho deciso di abbandonare la protesi. L'ho fatto perché ho scelto me e non gli altri, il mio benessere e non la perfezione. Uno sguardo dura pochi attimi, non deve essergli data l'opportunità di condizionare una vita”.

 

Per mano allo sport

Le sua parole sono dense di tenacia. “Lo sport mi ha insegnato a non mollare. Lo ha fatto donandomi sempre felicità e benessere. Ho praticato attività sportiva anche prima dell'incidente". Dal 2007 si è avvicinato all'agonismo. “Ho indossato la maglia azzurra all'età di 37 anni, è stato un grande onore, un'emozione indimenticabile”. Ha partecipato agli Europei di triathlon e paratriathlon: “nuoto, ciclismo e corsa, con le stampelle, ovviamente”. Al collo oggi porta una medaglia d'argento ed una di bronzo. Non pesano, Andrea si racconta con leggerezza. “Al di là dei trionfi, voglio raccontare ai giovani con disabilità quello che lo sport mi ha insegnato. Spesso le persone con disabilità fisica sono arrabbiate. Ma gli altri non meritano tutta questa attenzione: bisogna avere fiducia nelle proprie idee e nei propri mezzi per superare i limiti”.

 

'Niente è impossibile'

Oggi Andrea svolge la professione di life coach. “Era il 2010 quando ho scelto di mettermi davvero alla prova. Ho conquistato in bici la vetta del Khardung La (5359 metri) in India. Quell'esperienza mi ha permesso di scavare a fondo dentro di me, su una strada, da solo, lontano da casa”. E di trovare la forza di proseguire. “Ai giovani dico che è sempre il momento giusto per mettersi di nuovo in gioco. Anche dopo una caduta, dopo una brutta delusione. Perché un nuovo obiettivo si può sempre costruire e raggiungere. Basta volerlo”. Con le parole Andrea è riuscito a dare un nome al suo vissuto. “Raccontando la mia storia, l'ho capita fino in fondo, dando un nome alla volontà, al coraggio e anche alla fragilità che in questo tempo mi hanno fatto sentire vivo”. Nella sua mente sono ancora attuali le immagini dell'ultima impresa: la via Postumia, 930 chilometri a piedi da Grado a Genova in piena estate. “Un modo per dimostrare che lo sport non si è fermato del tutto. Durante questo percorso ho incontrato amministratori, imprenditori, semplici cittadini uniti dal desiderio di non mollare. Di proseguire il cammino della vita un'orma per volta”. Di dire che “niente è impossibile”. “Ora sto progettando le prossime avventure, ma vivo un giorno per volta. Perché, questa vita, voglio viverla davvero”.

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