“Ogni uomo per vivere ha bisogno di fantasmi estetici. Io li ho inseguiti, cercati, braccati. Ho sperimentato molte forme di angoscia, molte forme di inferno”. Questa citazione di Yves Saint Laurent, capiremo come sia più attuale che mai nelle prossime righe. Domenica 7 maggio 2023. Una lenta processione nero vestita cala sugli Arcimboldi di Milano. L’occasione? La tappa milanese del tour di Siouxsie Sioux. Per chi non la conoscesse, una delle personalità musicali più importanti del secolo scorso. Un icona di stile e di musica, traghettatrice di quella scena culturale che, dagli albori del punk (faceva parte del Bromley Contingent, i primi seguaci dei Sex Pistols, e nella sua prima esibizione dal vivo a suonarle la batteria era Sid Vicious) è arrivata a porre le basi all’intero movimento post punk e goth (o, per noi italiani, dark) che ne è seguito. Il suo album di esordio con i Siouxsie & the Banshees, The Scream (1978), è il primo a essere effettivamente etichettabile come dark-punk.
Il ritorno in scena
Una tournee che arriva a 15 anni di distanza dall’ultima, e a 10 anni dalle sue ultime esibizioni londinesi. Un’assenza estremamente sentita, che a portato ogni data ad essere sold out nel giro di pochi minuti. La data milanese risulta essere la terza, facendo seguito al debutto di Bruxelles e ad una seconda data ad Amsterdam. Malgrado l’invito rivolto al pubblico di non filmare e fotografare (ed è questo il motivo per cui in questo articolo, differentemente dal solito e per rispetto alle richieste, non troverete scatti rubati) sono circolati in rete alcuni frammenti di esibizioni, che sono riusciti a raccogliere quanto di peggio internet possa offrire. A distanza di pochi giorni dall’inizio della tournee, infinite critiche sono state mosse ai look e alle esibizioni portate in scena.
Different colors different shades
Possiamo davvero criticare una meravigliosa sessantaseienne perchè non si esibisce più con il look che ha contributo a creare quasi 50 anni fa, o perchè non si atteggia a sacerdotessa del punk in un mondo che, di quella rivoluzione, forsa non porta probabilmente più niente? Fa davvero differenza che al posto delle Dr. Martens, acquistabili ormai in qualsiasi centro commerciale, indossi delle sneakers di Alexander McQueen? Il ricordo che le si critica di non portare in scena, è davvero suo o è nostro, di una gioventù passata o di un mondo che avremmo voluto vivere? La Storia non la si può davvero cancellare, ma non possiamo incolparla dei nostri fantasmi estetici.
La scaletta
Criticata da molti anche la scaletta, considerata generalista. A mio parere, essendo un tour a distanza di molti anni dalle ultime esibizioni, la scelta di portare in scena una sorta di greatest hits è a mio avviso assolutamente coerente, considerato che per molti (tra cui il sottoscritto) è stata la prima possibilità di assistere a una sua esibizione. La voce a mio modo di vedere non tradisce le aspettative. Cavernosa e angosciante, rimanda e rende giustizia a brani che hanno costituito alcune fra le pagine più mitiche della scena dark wave, per quanto ogni paragone con il passato sia a mio avviso inutile. Questi brani non potranno mai suonare come suonavano su disco o nelle esibizioni di fine 70-inizio 80 ma credo anche che, con un minimo di cognizione di causa, si possa capire che non erano queste le intenzioni. Tra le ovazioni ricevute dalla sala, spiccano dichiarazioni d’amore gridate dal pubblico, a cui risponde in pieno humor inglese con un “Bla Bla Bla. Shut Up! Don’t Talk! Listen”. Rimane di queste esibizioni, per tutte le osservazioni di cui sopra, la carica provocatoria e iconoclasta di un artista che, probabilmente, ha fatto pace con il suo mito, ma che non per questo rinuncia al proprio carisma e al fascino magnetico che è ancora in grado di portare in scena. Spero che tutti i presenti siano stati consapevoli di aver assistito al concerto di un icona che ha forgiato alcune delle pagine più indelebili della musica e della cultura alternativa, e non meramente a un effetto nostalgia. Quello si che sarebbe stato triste.