12-05-2022 ore 20:14 | Rubriche - Costume e società
di Gloria Giavaldi

Il lockdown ha creato più rassegnazione: 'noi caregiver siamo soli, con la forza di chi ama'

“Serve un fondo unico per consentire la piena realizzazione del progetto di vita”. Da qualunque parte la si guardi, secondo Giovanna Barra, intervistata da Cremaonline in collaborazione con il centro Galmozzi per il progetto Fare Memoria,  la soluzione è sempre e solo una, riassunta in due parole: fondo unico. Davanti alla telecamera sorride, mentre racconta le difficoltà di chi tutti i giorni si trova ad abbracciare la disabilità “nella solitudine dell'intervento”. Giovanna è a capo dell'associazione Diversabilità di Ripalta cremasca e periodicamente si confronta con i genitori che fanno parte della rete Cremautismo. “Il lockdown ci ha messo in stand by. Non abbiamo più potuto incontrarci di persona. Abbiamo sostituito gli incontri periodici con chiacchierate online anche per confrontarci su larga scala. Quel che è vero, però, è che questo lockdown ha aumentato la solitudine ed ha creato, soprattutto nei genitori più giovani, una sorta di rassegnazione e di chiusura che si traduce in meno interventi a favore dei ragazzi e della famiglia”. Anche l'associazionismo ne ha risentito: “le voci di chi denuncia sono sempre meno, ma le voci di chi soffre sono sempre di più”.

 

Il caregiver

I servizi che vengono offerti “sono pane per pochi. Il pubblico ha ceduto molto al privato. In pieno lockdown è stato il terzo settore ad aver fatto la differenza, sostituendosi di fatto alle istituzioni. Con tutte le difficoltà e i grossi limiti del caso”. Si ferma, Giovanna. E respira. I silenzi sono pieni di consapevolezza. “Sono un caregiver, mi prendo cura di mio figlio. Come ogni caregiver vivo all'ombra della persona con disabilità, non ho del tempo per me. E lavoro ogni giorno per il futuro e per il presente di Alberto”. Non esiste solo il Dopo di noi, “esiste soprattutto il durante noi, perché anche le persone con disabilità grave meritano di viversi il tempo. La legge 112 non basta, bisogna anche applicarla per evitare l'istituzionalizzazione. La verità oggi è che questi ragazzi finiscono in istituto. A Crema non c'è la capacità di avere un piccolo residenziale: chiediamo 20 posti letto capaci di tradurre in realtà quanto stabilito dalla 112. Non basta scriverla”.

 

Le richieste alla politica

Giovanna parla alla politica, ma non in politichese. Le richieste sono chiare: “Crema è comune capofila nell'ambito cremasco. Il futuro sindaco della città dovrà farsi portatore dei diritti delle persone con disabilità. Spero venga attuata una formazione tra i primi cittadini sui temi sociali. Serve, perché la disabilità non è, come si è portati a credere, una questione di pochi”. Con l'avvicinarsi dell'estate poi, “da 30 anni”, il tema caldo è quello dei centri estivi e della relativa disparità di quote tra chi vive con una disabilità e chi no. “ E' giusto che uno paghi di più perché è disabile” sbotta con un tono a metà tra l'interrogativo e l'affermativo. “Per me tutto questo è discriminante: i sindaci devono capire che la disabilità è una condizione sociale. E dovrebbero poter attingere ad un fondo unico per risolvere questi problemi”. La questione è di natura culturale: “bisogna partire dalle scuole. Bisogna eliminare il bullismo in ogni sua forma semplicemente dando l'esempio”. E, nel mentre, “non bisogna smettere di lottare”.

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