11-11-2023 ore 19:08 | Rubriche - Gli umani, la natura e la salute
di Romano Demicheli

Scalzati dall’essere al centro dell’universo, noi umani siamo natura e ne seguiamo le leggi

L’ultimo caldo ottobre, che sembra confermare il detto popolare che “non ci sono più le stagioni di una volta”, è un segno, percepibile da tutti, del cambiamento climatico previsto da tempo dagli scienziati. Dovremo affrontare problemi concreti enormi, ma anche un problema più profondo e cioè il rapporto che noi umani abbiamo con la Natura. Una riflessione su questo punto non può che partire da un esame di come gli umani si sono posti, nel tempo, nei suoi confronti. Nel pensiero della civiltà occidentale è da tempo presente l’idea che gli umani siano al centro della realtà ma come esseri estranei al mondo della Natura. È un costrutto culturale, non diffuso in civiltà diverse dalla nostra (ad esempio quelle orientali o africane) e che è relativamente recente.

 

Una rete interconnessa

I nostri antenati raccoglitori-cacciatori accettavano la presenza di una rete interconnessa di viventi, inclusiva di altri esseri senzienti pari a quello umano. I filosofi greci, attraverso le loro riflessioni cosmologiche, antropologiche e metafisiche si mantennero su un piano di equilibrio tra l’umano e il vivente non umano. Fu solo con l’affermarsi delle religioni monoteiste che divenne centrale l’antropocentrismo. Al di sotto di un Dio creatore, l’uomo (il maschio) venne posto al centro del mondo naturale, come essere privilegiato che sta al di fuori di tale mondo e lo usa a suo piacimento. Nel tempo, questo orgoglioso antropocentrismo, fondamentalmente autoreferenziale, ha subito colpi micidiali ma, malgrado questo, è tutt’ora assai diffuso.

 

Sistema eliocentrico

La rivoluzione Copernicana è stato il primo attacco di successo alla centralità degli umani. Il porre la terra al centro dell’universo era stato un modo empirico degli astronomi antichi di spiegare i movimenti dei pianeti. Non fu la sola soluzione proposta: nel III secolo avanti Cristo, Aristarco di Samo sostenne un sistema eliocentrico, sempre come strumento per descrivere il moto dei pianeti. Più tardi, però, con l’affermarsi del cristianesimo e della sua gerarchia tra i protagonisti politico-culturali delle società occidentali, il ruolo descrittivo delle teorie astronomiche fu subordinato alle esigenze religiose e di potere. Le vicende travagliate di Galileo, costretto all’abiura per salvare la pelle, suggeriscono che, probabilmente, a questa subordinazione va attribuito il fatto che da Aristarco a Copernico siano passati quasi due millenni. La rivoluzione eliocentrica copernicana ebbe un effetto profondo nella auto-rappresentazione degli umani. Sbalzati dalla posizione di centro dell’universo, essi si sono ritrovati a improvvisamente a doversi pensare come passeggeri di un minuscolo pianeta, non diverso dai moltissimi altri visibili nel cielo. Brutto colpo! Ma il peggio doveva ancora venire.

 

Selezione naturale

Nell’estate del 1858, alla Linnean Society di Londra, Charles Darwin (insieme ad Alfred Russel Wallace) presentò la prima enunciazione ufficiale della teoria della selezione naturale, provocando un vero terremoto nel mondo scientifico e non solo in quello. Nella visione darwiniana, cambiamenti casuali nei singoli individui di una popolazione li possono rendere più adatti a vivere nell’ambiente in cui sono. Il loro vantaggio viene trasmesso ai discendenti che possono divenire, col tempo, gli individui dominanti nella popolazione. Questa selezione naturale conduce, in certe condizioni, anche alla formazione di nuove specie. Questo disegno generale di evoluzione attraverso mutazioni e selezione implica che tutte le specie viventi siano imparentate. Dunque, lungi da essere l’eccezione, gli umani sono da considerare una specie come le altre e, in particolare, una specie appartenente all’ordine dei primati, come le scimmie. Perciò gli umani non solo non sono al centro dell’Universo, ma neppure al centro della comunità di esseri viventi sulla Terra. Un colpo micidiale per l’antropocentrismo.

Forze interiori

Restava la consolazione di essere individui con un grande cervello, capaci di pensiero e azione razionali, più di ogni altro “animale”. Anche questo concetto antropocentrico consolatorio, però, è stato messo in crisi. La psicanalisi (Freud, Jung, per citare i più noti) ha fatto emergere la complessità dell’attività psichica e l’importanza dell’inconscio, ovvero di tutta quella sfera di attività che non raggiunge la coscienza e di cui, quindi, la persona non si rende conto. Gli umani non sono solo razionalità, ma sono permeati da tutto un substrato di eventi psichici di cui l’individuo non ha alcuna coscienza ma da cui è costantemente influenzato nei comportamenti. Nessun evento psichico, dice Freud, è determinato dal caso: ogni processo mentale ha una causa ben specifica spesso inconscia. In sostanza, l’individuo è profondamente condizionato da forze interiori che nemmeno conosce, ma che lo guidano nei suoi comportamenti.

 

Noi siamo Natura

Scalzati dall’essere al centro dell’universo, al centro della vita del pianeta e padroni dei comportamenti, ci ritroviamo ad affrontare una situazione di incertezza senza precedenti, il cui carattere dominante è la complessità. Complessità del mondo esterno e complessità della propria interiorità. Le nostre riflessioni devono necessariamente partire da qui. Dobbiamo convincerci che noi siamo Natura e ne seguiamo le leggi. Forse, solo così c’è la possibilità di trovare una strada che ci conduca ad una vita più degna di quella che oggi ci troviamo ad avere. Soprattutto una vita più sana, perché ignorare le leggi della natura comporta la possibilità concreta di “brutte malattie”: ne parleremo.

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