10-11-2024 ore 17:21 | Rubriche - Gli umani, la natura e la salute
di Romano De Micheli

Sovrappeso e obesità in aumento. Le patologie coinvolgono fattori fisiologici, sociali e politici

Per i nostri antenati “cacciatori-raccoglitori”, caratterizzati da un importante dispendio energetico connesso alle loro condizioni di vita, la tendenza a conservare grasso corporeo era un carattere evoluzionistico vantaggioso. Al contrario, nel mondo attuale, quel carattere vantaggioso si sta dimostrando non adatto alle nostre modalità di vita, anzi, è divenuto un notevole fattore di rischio. Oggi essere sovrappeso o obeso vuol dire essere a rischio di numerose patologie, come diabete, malattie cardiovascolari, diversi tipi di cancro e importanti disturbi psichici. 

 

Sovrappeso e obesità, come si misurano

Ma cosa vuol dire sovrappeso o obeso? L’organizzazione mondiale della sanità (Who) usa per definirlo l’indice di massa corporea (Bmi), cioè il peso (in chilogrammi) diviso per l’altezza (in metri) al quadrato. Per esempio, una persona di 65 chili e 1,73 metri di altezza ha Bmi di 21,72 kg/m2. Gli adulti sono classificati come sovrappeso con Bmi tra 25.0 e 29.9 e come obesi con Bmi maggiore di 30.0. Le stime del 2015 sulla popolazione umana adulta sono di circa 2 miliardi di sovrappeso con oltre 600 milioni di obesi. I bambini sovrappeso sono 360 milioni circa (il 10 per cento sono sotto i 5 anni). Le cifre sono in progressivo e notevole aumento, per cui, anche se l’eccesso di peso non è una patologia trasmissibile, i dati descrivono una vera e propria pandemia. Il Bmi è un indice semplice e sufficientemente preciso per la classificazione, anche se non dettaglia l’entità del grasso viscerale addominale, che è quello più legato al rischio.

 

Il punto di vista fisiologico

Tradizionalmente il sovrappeso è attribuito ad un disordine nel bilancio calorie introdotte e calorie spese e quindi attribuito alle cattive abitudini del singolo. In realtà, le cose sono ben più complesse e coinvolgono aspetti fisiologici, sociali e politici. Dal punto di vista fisiologico e anatomico, l’assunzione di cibo è regolato dalle aree infero-mediali del cervello (ipotalamo e ipofisi) che, oltre a varie altre funzioni, come ritmo, sonno, veglia, temperatura corporea, motilità viscerale, regolano l’equilibrio fame e sazietà. La regolazione avviene attraverso i segnali che arrivano sia da numerose aree del corpo che attraverso varie connessioni nervose dal sangue (variazione dei livelli plasmatici di ormoni e altre molecole specifiche). Segnali di fame arrivano all’ipotalamo e all’ipofisi attraverso stimolazioni nervose, prevalentemente del nervo Vago (ad esempio legate allo stato di rilassamento delle pareti gastriche), mentre ormoni gastrici stimolanti l’appetito (Grelina) e altri segnali metabolici (ad esempio il livello di zucchero) sono trasportati dal sangue. Segnali di sazietà che seguono le vie vagali, derivano dalla distensione delle pareti di stomaco e intestino, mentre alcuni ormoni di origine intestinale, influenzati dall’inizio e dalla prosecuzione della digestione, seguono la via ematica analogamente al segnale del livello glicemico. Interviene anche il tessuto adiposo che produce Leptina e segnala la situazione delle riserve energetiche presenti. 

 

Il ruolo del microbiota intestinale

Questo sistema si interfaccia con altri sistemi dell’organismo, come quello immunitario e quello neurovegetativo. In particolare, il microbiota intestinale gioca un ruolo importante, fornendo al cervello informazioni sul tipo di sostanze in fase di assorbimento, attraverso metaboliti che passano nella circolazione sistemica o attivano vie endocrine o neurali. La complessità della rete di organi e segnali che regolano l’attività di alimentazione si estende ulteriormente quando si considera il ruolo che svolgono il tipo di cibo assunto, l’attività fisica del soggetto e le condizioni dell’ambiente esterno. Infatti, l’intero meccanismo di regolazione è il risultato del processo evolutivo tendente ad ottimizzare il bilancio energetico dell’organismo in relazione alle condizioni di vita che esso incontra. Risulta allora chiaro che l’aumento di frequenza del sovrappeso e dell’obesità non dipende soltanto dalle volontà dei singoli ma coinvolge in modo determinante le modalità di vita imposte dall’organizzazione sociale.

 

Esempio di fattore sociale

Un primo esempio: lo studio delle relazioni tra lo stress psicosociale e l’obesità ha evidenziato che gli individui delle società occidentali, così dette evolute, soggetti a maggiori difficoltà di vita per condizione sociale, per instabilità lavorativa, presentano un comportamento alimentare meno sano e una tendenza al sovrappeso maggiore, soprattutto nel sesso femminile. Non è una stranezza, considerato che i fattori di stress sociale impegnano l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, e influiscono sul peso corporeo attraverso l'appetito, le preferenze alimentari, la durata del sonno e i modelli di attività fisica. Al di là del meccanismo fisiologico, quindi, l’esame delle cause del sovrappeso e dell’obesità va esteso all’intero contesto in cui si vive. 

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