“È importante che Samuele abbia un suo futuro, glielo dobbiamo. Fuori è più libero, più indipendente”. È se stesso. “Dobbiamo ascoltarlo e dare forma al suo domani secondo la sua idea”. Il futuro per Sabina e Davide Calandra è un abito da cucire a misura. “Per un certo periodo questa tematica mi ha spaventata” spiega Sabina. “Mamma Adriana ha sempre voluto pensarci da sola. Poi, quando si è ammalata, abbiamo iniziato a pensarci insieme. Ora che lei non c'è più dobbiamo costruire. Per Samuele, prima che per noi, se lo merita”. Il domani, oggi, fa un po' meno paura. “Ho imparato a fidarmi ed affidarmi e a far mia la forza di mamma Adri”. In passato “il suo essere rigida e ferma mi ha fatto sentire la mancanza della tenerezza. L'aver vissuto accanto a lei la malattia mi ha fatto capire che non aveva alternativa. Per tenere in piedi la nostra casa con tutto ciò che contiene non poteva che essere così: ferma, dedita al fare, ma terribilmente generosa. Accanto a lei ogni giorno, l'ho riscoperta, ci siamo riscoperte tra donne senza dircelo”.
Il valore della semplicità
Tra le mani Sabina oggi ha un dono. “Samuele è un dono, così com'è. Non l'ho sempre pensato, è una consapevolezza che ho acquisito da poco. Da piccola non ho avuto tutte le attenzioni per me. Spesso mi trovavo ad aiutare mia mamma in ospedale quando Samuele non stava bene. Più volte mi sono concentrata su ciò che mi è mancato, ora ho imparato a concentrarmi su ciò che ho: un fratello che ogni giorno mi insegna il valore della semplicità. Lui è sempre contento e vuole bene senza condizioni. Vivendolo ho imparato a valorizzare ogni cosa e a capire che non c'è niente di scontato”.
Io abito
Samuele sorride per tutto il tempo. “Sa farsi voler bene” spiega Davide. “Ci ha accompagnato- riprende Sabina - alla scoperta di una parte di mondo, quella di Anffas, colma di persone capaci di abbracciare gli ostacoli con delicatezza. Ci ha sensibilizzato rispetto ad una condizione, quella della disabilità, che si comprende fino in fondo solo se la si vive sulla propria pelle”. Lo ha fatto sempre con il sorriso di chi vive senza troppi perché. Di chi vive e basta. Inserito attualmente in un progetto di avvio all'autonomia, Samuele ha preso parte per qualche settimana al progetto Io abito di Anffas, la residenza acquistata dall'associazione che può ospitare fino a cinque persone con disabilità plurime per accompagnarle in un percorso di vita indipendente. “Ha provato solo parzialmente l'esperienza di Io abito in un periodo complesso per la nostra famiglia, ma in questo periodo da tutti gli operatori Anffas ci siamo veramente sentiti accompagnati. Hanno saputo starci accanto in modo concreto, solido”.
La bellezza della diversità
Ora Anffas continua ad essere importante. “La casa di Io abito è stata accogliente – spiega Samuele – anche se l'ho vissuta poco tra una passeggiata in centro e l'altra. Continuo a frequentare le attività, anche se parzialmente riadattate a causa dell'emergenza sanitaria: “dalla radio, al supermercato, fino alla palestra, ai corsi di fotografia e al cineforum. I miei film preferiti? Quelli di Rocky”. L'Anffas, per la verità, è stata anche galeotta: “lì ho conosciuto la mia fidanzata. Sono impegnato da cinque anni: lei è bella, dolce e, soprattutto, brontola poco”. Ride, Samuele. È la cosa che gli riesce meglio. Accanto a lui, il fratello Davide alterna parole agli occhi lucidi. “Ho vissuto con lui in casa per 34 anni e tra noi si è creato un legame speciale”. Tanto speciale, quanto intimo, da raccontarsi solo con gli sguardi. “Non ci aspettiamo che la società possa comprendere il nostro modo di essere: certe cose le capisci solo se le vivi”. “In più – riprende Sabina – prima di capire gli altri penso che ciascuno debba fare lo sforzo di guardarsi dentro: lì, nel nostro essere tutti diversi, risiede la bellezza”.