“Questa emergenza ha sollevato molti interrogativi e critiche sulla nostra sanità, sui tagli economici, soprattutto dei posti letto”. Secondo il medico cremasco Agostino Dossena “tutto vero, per carità, ma mi preme fare un piccolo ragionamento sulla questione dei posti letto. Per questo è necessario tornare un po' di anni indietro, non tantissimi però facendomi aiutare da un esempio. Fino a non moltissimo fa per un intervento di colecistectomia la degenza media (tra il ricovero per gli accertamenti preoperatori, l'intervento e la degenza postoperatoria) non richiedeva meno di una settimana. Oggi si entra il giorno stesso dell'intervento, quasi sempre si va a casa il mattino successivo, qualche volta la sera stessa”.
Da uno a cinque
“In pratica sullo stesso posto letto sul quale si faceva un intervento oggi se ne fanno almeno cinque, che equivale a moltiplicare per cinque quel posto letto. Questo succede per moltissimi interventi che entrano al mattino e escono la sera, quella che si chiama day surgery. Posso citare tra gli altri, le meniscectomie, le ernie, le varici, eccetera eccetera. Tutto questo ha portato ad una grande ottimizzazione dei posti letto, con elevato turn over e di conseguenza ad una loro riduzione”.
Flessibilità nell’emergenza
“Per quanto riguarda il numero dei posti letto in terapia intensiva un lieve aumento sarà necessario, ma siamo lontani dai numeri raggiunti durante questa emergenza. In epoca pre Covid la saturazione dei posti letto era dell'80 per cento circa. Bisognerà pensare e attrezzarci per possibili future emergenze con criteri di flessibilità, non facile ma da studiare. Sicuramente bisognerà aumentare il numero dei medici anestesisti rianimatori, vuoi per le aumentate complessità della gestione, vuoi per nuovi servivi che negli anni sono stati implementati a parità di personale: penso ad esempio alla terapia del dolore, alla partoanalgesia e via discorrendo”.
Medicina territoriale
“Nota dolente la medicina territoriale, riferita ovviamente non agli operatori che si sono sbattuti oltre il dovuto e hanno pure pagato un elevato prezzo, ma alla sua organizzazione e alle sue risorse. Mi spiego con un dato: il mio ospedale ha un bacino di utenza di circa 150 mila persone e al nostro pronto soccorso accedono circa 70 mila persone in un anno. In pratica una persona su due si reca in Ps in un anno e di questi la maggioranza non solo necessita di cure che una medicina di base potrebbe fornire senza problemi, ma intasano il pronto soccorso ritardando le cure per chi ne ha veramente bisogno. Gli affollamenti nelle astanterie dei Ps sono stati, tra gli altri, anche il luogo dove il Coronavirus ha trovato terreno favorevole alla sua diffusione; non dimentichiamoci che il virus era presente prima del famoso paziente uno. Adesso l'importante è, a bocce ferme, fare una analisi lucida del terremoto passato per far sì che la nostra sanità, già fra le migliori al mondo, ci venga restituita con un miglioramento ulteriore”.