08-07-2023 ore 18:32 | Rubriche - Fatto di ambiente
di Alvaro Dellera

Un fatto d’ambiente: alla scoperta della Sgàsa fiuràda, l'elegante e schiva ghiandaia

Ci sarebbero molti modi per riconoscere e definire qualità e caratteristiche di questo volatile appartenente all’ordine dei passeriformi e alla famiglia dei corvidi. Basta pensare al suo stesso nome scientifico Garrulus (Ciarliero- glandarius): che si ciba di ghiande. E ancora: dal lessico popolare del nostro territorio Sgàsa fiuràda: decorata di fiori, variopinta, dal piumaggio variegato. Basterebbero questi primi indizi per capire che si tratta di uno dei corvidi più belli e colorati di questa famiglia, contrariamente ad altri consimili riconoscibili per l’uniformità grigio nerastra del piumaggio.

 

Legame di coppia

Questo passeriforme così poco confidente è la Ghiandaia. Un modesto corvide che raggiunge un’apertura alare di 55 centimetri per 200 grammi di peso ma che sa far valere, con innata cattiveria, tutta la sua forza quando si tratta di recuperare cibo per sé o per la prole o per difendere il legame di coppia che li unisce a vita. Potrebbe sembrare a prima vista un corvide gentile, ma lo è solo grazie a quello splendido piumaggio dai colori brillanti dove spicca su tutti l’azzurro delle copritrici alari, contrastato dal disegno delle barre alari nere e bianche. I lunghi mustacchi che si diramano dal possente becco fino al petto e gli occhi chiari e cerchiati grigi e azzurri ammaliano e seducono chiunque la incontri, ma tradiscono l’indole piuttosto battagliera ed elusiva di questa specie.

 

Memoria e fantasia

La carta d’identità della ghiandaia è lunghissima: è una specie protetta e non minacciata di estinzione. Perfetta imitatrice di molti canti e richiami che sente nel bosco in cui vive mentre il suo verso è stridulo e gracchiante che emette quando sorvola o plana sulle cime degli alberi. A differenza del nome che porta la ghiandaia non si nutre di sole ghiande ma l’opportunismo che la contraddistingue la porta a nutrirsi di molto altro: dai semi ai frutti, dagli insetti a piccoli mammiferi, persino alla predazione di nidiacei di altre specie. Dotata di una notevole memoria e fantasia, nasconde le provviste alimentari in particolare semi e ghiande in luoghi anche molto lontani dalla sua abituale frequentazione, sotterrandoli e all’occorrenza li sa recuperare con facilità, non tutti magari.

 

Nella fitta vegetazione

Un atteggiamento inconsapevole che in parte contribuisce a far nascere altrove nuove piantine. Specie paleartica comune e nidificante in tutta l’Europa frequenta boschi cedui e misti fino sopra i 1500 metri di altitudine, è abbastanza comune nelle foreste di conifere della macchia mediterranea mentre poco frequente in pianura padana con una popolazione mediamente stabile. In territorio provinciale cremonese e cremasco la si può incontrare solo dove insite una fitta vegetazione mista con alberature importanti che producono frutti e semi anche se talvolta non disdegna frequentare grandi parchi cittadini e ampie radure alla ricerca di insetti terricoli che cerca al suolo. Alcune coppie, poche per la verità, frequentano l’area del Serio morto di Castelleone e altre si osservano lungo i boschi dell’Adda verso il confine Lodigiano ed in alcuni tratti dei navigli e del fiume Oglio nel tatto Soncinese. La poca disponibilità di boschi cedui fruttiferi nella nostra pianura non servirà di certo a far crescere numericamente questi amabili e variopinti corvidi; così che la loro osservazione in natura non sarà mai nè semplice nè facile.

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