Una delle principali conseguenze della rivoluzione industriale fu il mutamento dell’agricoltura. La meccanizzazione agricola di tipo industriale seguì regole conformi ai dettami capitalistici ed influì pesantemente sul tipo e le modalità delle coltivazioni (intensive e mono-prodotto) che di fatto vennero dirette dalle grandi multinazionali. Nell'allevamento si cominciò a selezionare il bestiame e a creare aziende di grandi dimensioni per l’allevamento intensivo di moltitudini di animali, in condizioni innaturali. Gli addetti all’agricoltura si ridussero drasticamente e a questo processo corrispose una crescita accelerata e incontrollata delle città, che vennero circondate da enormi periferie suburbane brutte, scarsamente vivibili e igienicamente malsane.
La nascita del consumismo
Solo a cavallo tra il XIX e XX secolo iniziarono, nei paesi di tradizione occidentale, interventi di ristrutturazione urbanistica più adeguata ad una vita decente (strade, fognature, acqua potabile ecc.). In molte parti del globo però, le condizioni delle città o di parti di esse sono tutt’ora quelle dell’800. Le intollerabili condizioni di vita della prima fase industriale diedero origine a lotte operaie e a organizzazioni di tipo sindacale. La reazione operaia produsse fenomeni rivoluzionari come quelli del 1848 e ottenne faticosamente condizioni migliori, sostenute anche da una progressiva trasformazione del mondo economico. Al singolo imprenditore capitalista della prima fase industriale si sostituirono forme associative di capitale, sotto forma di grandi società per azioni, rette da anonimi consigli di amministrazione. Inoltre, e ben più importante, la massa di operai e produttori di beni cominciò ad essere considerata come acquirente dei beni che venivano prodotti, pur di averne le capacità di acquisto. Si veniva così configurando la società dei consumi che ben conosciamo. Il valore d’uso degli oggetti, così importante nel mondo dei cacciatori e raccoglitori, scomparve definitivamente, sostituito dal valore di scambio. Quest’ultimo è un fattore altamente soggettivo e pertanto soggetto alla manipolazione dell’acquirente circa ai suoi propri bisogni. Da qui la crescita esponenziale dei bisogni indotti dai media, funzionali al consumo di prodotti e non alle esigenze delle persone.
L’inquinamento delle multinazionali
Con la concentrazione industriale e commerciale, atta a realizzare migliori profitti agendo in regime di monopolio, alcuni soggetti economici, le così dette multinazionali principalmente del settore chimico ed estrattivo e più recentemente informatico, acquisirono un enorme potere, capace di condizionare le decisioni politiche. Il livello del potere economico travalicò ben presto quello nazionale, dando origine alla così detta globalizzazione, in cui la potenza economica di singole unità multinazionali supera quella di singoli stati. Il mondo si divise in aree economiche e strategiche in conflitto fra loro, caratteristica di fondo del nostro periodo storico. Il dominio del puro mercato nelle decisioni politico-economiche ignorò gli effetti del nuovo stile di vita non solo sugli umani, ma anche sull’ambiente. La crescita inarrestabile dell’inquinamento (aria, acqua e suolo), l’insostenibilità di un consumo senza limiti in un pianeta finito e l’aumento antropico progressivo della temperatura globale sono tuttora ignorate, quando non sono colpevolmente negate.
Addio alle risorse rinnovabili
La valutazione dell’insostenibilità è ben riassunta nell’Earth Overshoot Day, ovvero il giorno in cui l’umanità finisce di utilizzare le risorse rinnovabili che la terra è in grado di generare e passa ad intaccare quelle non rinnovabili: nel 2023 è stato il 2 agosto, nel 2003 era il 12 settembre. La valutazione del riscaldamento indotto dagli umani è ben evidente dall’andamento delle temperature della superficie terrestre (riportato nella figura). Questa evoluzione infelice, verificatasi rapidamente negli ultimi 150 anni, si è dimostrata in grave contrasto con la fisiologia umana trasmessaci dai nostri progenitori, e anche dirompente per gli equilibri ambientali, tanto da mettere a rischio la stessa esistenza della specie umana.
L’umanità guasta fa marcire la terra
Un’immagine simbolica del nostro comportamento ci viene dalla natura stessa: i batteri che popolano la buccia di una mela sana finiscono per avariarla. Ma la differenza sta nel fatto che i batteri nel marcio ci stanno bene e proseguiranno fino a consumare l’intera mela, mentre gli umani sulla terra abusata non hanno futuro di fronte alle sue capacità reattive. Per contrasto, nello stesso periodo, la cui analisi suggerisce queste considerazioni meste e preoccupate, la medicina individuale ha ottenuto successi sostanziali nei confronti di patologie in passato letali, che hanno afflitto per secoli gli umani. Ci occuperemo prossimamente proprio di questo.