Questa tappa di Vivere ancora, il progetto di Cremaonline e Centro ricerca Galmozzi sulle fragilità del territorio cremasco, è davvero molto speciale: insieme ad Alessandro Marchesi e Ilaria Mussini parliamo di stereotipi e tabù, d’attualità e del futuro dei giovani, impegnati nella ricerca del proprio posto nel mondo. Della lotta quotidiana per conquistarlo. Parliamo anche della capacità di interrogarsi e di cercare soluzioni condivise. Della richiesta di ascolto, ma soprattutto del coraggio “di saper fare un passo indietro”. Ci piace riassumerla così, con le loro parole: di ciò che s’incontra “nel percorso di ricerca della consapevolezza di sé, del rapporto col proprio corpo e con le abitudini alimentari”.
Scopriti
Dal questionario in epoca Covid nasce un nuovo progetto. Il titolo è splendido nel suo imperativo giocoso, ricco di significato: “Scopriti, sei una bellezza”. Tutti possiamo coglierne i passaggi fondamentali. L’inquietudine, il disagio, il coraggio e l’incoscienza che portano a vincere l’immobilismo, ad imboccare una direzione ostinata e contraria. Otto studenti entrano in classe e dialogano coi compagni. Un rapporto diretto tra pari, capace di riconoscersi, accogliersi e aprirsi. Senza mediazioni. Per arrivare dritto al punto.
Canoni irraggiungibili
Mettendo in discussione gli ideali di bellezza maschili e femminili. Senza fronzoli, il succo è tutto qui: “Per le femmine avevamo da mostrare cinque o sei slide, per i maschi una soltanto”. Del resto “l’ideale era sempre lo stesso: fondamentalmente il maschio deve essere atletico, muscoloso, abbastanza magro”. I maschi devono essere “ricchi, potenti”. Canoni “irraggiunti”, non solo “irraggiungibili”. Ciò contribuisce “ad aumentare la pressione” cui i giovani sono costantemente sottoposti. “Invece di valorizzarci ci schiaccia”. Un tema che piacque a David Bowie (non solo ai Queen) e che Roger Waters riassunse col celebre aforisma: “un altro mattone nel muro”. Alessandro, nel suo presente continuo, rivendica di appartenere alla “prima generazione a parlare su larga scala di questi bisogni”, ad una generazione “incaricata di trasformare dei tabù”. Gli Who nel ‘65 ne fecero un manifesto, utilizzando il metodo della domanda e risposta tipico del rhythm and blues statunitense, restituendo al mittente l’eventualità di poter un giorno invecchiare.
A nudo
Il Covid è stata “una batosta, ci ha costretti alla solitudine e ad un confronto diretto con noi stessi”. Allontanati e ‘rinchiusi’ in un mondo di regole asettiche e troppo spesso astruse, meccaniche, poco attente all’elemento umano, i ragazzi sono stati posti di fronte ad un’unica possibilità: “Ci siamo messi a nudo e sono emerse delle grandi fragilità”. Una delle principali forme di conoscenza e scoperta di se stessi e degli altri continua ad essere osteggiata, nascosta, quasi criminalizzata. Tra i tabù più scabrosi, che ancor oggi crea infiniti drammi, c’è il sesso: con un velato pudore, i ragazzi ci spiegano che “a scuola educazione sessuale non si fa”. Per Daniel Kahneman “ci concentriamo troppo su ciò che sappiamo e ignoriamo ciò che non conosciamo, il che ci fa fare troppo affidamento sulle nostre convinzioni”. Consapevoli, per dirla con Peter Sinfield, che la vorace umanità del ventunesimo secolo “possiede tutto ciò di cui non ha bisogno”, dovremmo concentrarci su ciò che veramente questi ragazzi ci stanno dicendo: “finalmente qualcuno che ci ascolta”.