Una ripresa lenta per ricostruire insieme preziosi istanti di normalità. Si può riassumere così l’atteggiamento con cui le associazioni del territorio operanti nel settore della disabilità si apprestano a vivere la cosiddetta “fase 2”. “Non abbiamo ancora indicazioni chiare, ci stiamo organizzando per garantire una riapertura rispettosa della salute di tutti, ma necessaria per tornare a vivere un po’ di normalità”. Non si sbilancia, Daniela Martinenghi, presidente di Anffas Onlus Crema. Procede con cautela, certa di voler individuare una soluzione comune: “Stiamo riflettendo insieme agli altri enti gestori e, a breve, presenteremo le nostre idee alle istituzioni. Speriamo le indicazioni giungano tempestivamente: la burocrazia potrebbe ammazzare più del virus”
Il desiderio di normalità
Un cambiamento di rotta si rende necessario. Per tutti, ma soprattutto per chi vive una condizione di disabilità. “In questo tempo – continua Martinenghi – non abbiamo perso il contatto con i nostri ragazzi. Ne abbiamo monitorato bisogni ed esigenze, attribuendo alle famiglie un ruolo fondamentale”. Ora, però, è tempo di elaborare nuove soluzioni. “I genitori non si sono lasciati vincere dalla paura, ma ora avvertono il desiderio dei loro figli di tornare alla normalità”. Una normalità che appare ancora lontana, ma che dovrà tener conto delle persone. Di tutte le persone. “Sarà necessario ripensare il progetto individualizzato di ciascuno con approccio multidisciplinare. Verranno coinvolti operatori diversi per fare in modo che ogni utente possa vivere al meglio. Tutti si meritano uno spiraglio di normalità, in mezzo a tutta questa fatica”. Pensa alle persone con disabilità isolate nelle loro case, ma anche agli ospiti della comunità alloggio, duramente colpita dal Covid. “Le persone ricoverate stanno meglio. Continuiamo a lavorare per evitare qualsiasi possibilità di contagio”. Parola d’ordine: distanza. “I ragazzi stanno combattendo, non si fanno abbattere e questo dà anche a noi la forza di perseguire le migliori soluzioni possibili, tenendo in considerazione che si tratta di persone in condizioni di fragilità in un contesto davvero complicato”.
Lo Scricciolo
Sulla stessa linea d’onda, anche Teresa Bergami, presidente della cooperativa sociale “Lo Scricciolo” di Fiesco: “Non è semplice conciliare le misure anti-contagio con un lavoro che prevede necessariamente il contatto con l’utente, sia per l’aspetto assistenziale che educativo”. Al centro dei suoi pensieri, anzitutto, il centro diurno, cui si aggiungono anche altre attività rivolte a persone con disabilità intellettiva. “Stiamo lavorando alacremente, facendo diverse ipotesi sulla riorganizzazione, per cercare di conciliare la qualità della proposta e la tutela di utenti e lavoratori, ma, al momento, l’incertezza e la mancanza di indicazioni ufficiali chiare non ci permettono di ripensare i servizi per rispondere ai bisogni di ragazzi e famiglie”.
Attività “smart”
Tuttavia, anche in questo caso, lo smart working ha fatto e probabilmente continuerà a fare la differenza: “Dopo la chiusura dei servizi, stabilita dalle istituzioni, abbiamo affrontato una prima fase molto complessa. Abbiamo cercato comunque di garantire sostegno e aiuto ai nostri ragazzi e alle famiglie, riorganizzando e rimodulando i nostri servizi a distanza, ove possibile, con interventi individualizzati e modellati sui differenti bisogni”. Al centro, dunque, resta e resterà sempre e comunque la persona.