04-10-2016 ore 12:57 | Rubriche - Fatto di ambiente
di Alvaro Dellera

Un fatto d’ambiente. Alla scoperta del Pianalto della Melotta e della sua singolarità paesaggistica e geologica

Il tratto di territorio cremonese compreso fra i comuni di Casaletto di sopra, Romanengo e Ticengo è un geotopo e biotopo allo stesso tempo. Riconosciuto dalla Regione Lombardia con L.R. 33 del 1977 per la sua singolarità paesaggistica e geologica. Quest’area se pur poco estesa, si eleva dal normale piano campagna di oltre 10 metri, presentando rive ripidissime e coperte da una fitta vegetazione dove sul fondo scorre il Naviglietto di Melotta. Assumendo il nome dalla piccola frazione che attraversa e posta a nord del biotopo stesso. Anche se modesto, il rilievo del pianalto rompe la piatta morfologia padana facendosi subito notare da chi lo percorre in tutta la sua lunghezza.

 

Antica attività agricola

L’attività agricola nei pressi del biotopo è antica e prevalente, testimoniata dalle numerose cascine ancora presenti, costruite nella seconda metà del 1800 molte delle quali ridotte a ruderi, mentre altre recuperate in parte o ricostruite nei pressi con sistemi moderni. Suggestivo risulta essere il manufatto della macchina Idraulica posto a metà percorso dove l’acquedotto, costituito da un ponte ad archi alto una quindicina metri (a lato), che attraversa da sponda a sponda il corso del Naviglietto, porta le acque a destinazione.

 

Geotopo argilloso

Il terreno di cui si compone il geotopo di Melotta è prevalentemente argilloso. Questa struttura geologica trattiene a lungo le acque meteoriche favorendo così lo sviluppo della vegetazione che in alcuni punti appare impenetrabile. Alberi secolari e altissimi di olmo, platano, farnia, robinia, ontano e carpino bianco, si intrecciano con arbusti vari e liane di caprifoglio, edera, tamaro e luppolo. Rare ormai e confinate in brevissimi tratti si trovano la ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius) e la ginestra spinosa (Genista germanica). La presenza di felce aquilina (pteridium aquilinum) e di campanula (Campanula trachelium) anche in piena estate e lungo i declivi, dimostrano la predisposizione del posto ad essere costantemente umido ed ombreggiato.


Fascino unico ed inaspettato

L’impenetrabilità del luogo facilita anche la presenza come dimora e nascondiglio di alcuni importanti mammiferi dalle abitudini notturne come la volpe e il tasso (nella foto una sua impronta), dei quali possiamo accertare la rara presenza solo scoprendo le loro tane e riconoscendo le impronte impresse sulla fresca argilla. Pare invece definitivamente scomparsa da oltre mezzo secolo la lontra, un mustelide che ama acque limpide e pescose, braccata per anni da esperti cacciatori per la sua pelliccia e perché considerata un flagello per i pesci che popolavano quei luoghi. Però, questo complesso ambiente naturale, nonostante non abbia più il suo animale rappresentativo e le acque, provenienti dal fiume Oglio, non siano più così limpide e pescose, suscita ancora un fascino unico ed inaspettato ogni qualvolta lo si ripercorre.


Pace e tranquillità quasi surreale

I riflessi argentei, i raggi del sole, che arrivano appena ad illuminare l’oscurità del sottobosco, il profumo di muschio, di foglie umide, dei funghi e delle fragoline, le penombre, gli specchi d’acqua lasciati liberi dalla vegetazione e le cascatelle con il loro fruscio donano un senso di pace e tranquillità quasi surreale. L’edera che ricopre completamente i manufatti, le liane che pare scendano dal cielo, gli alberi sdraiati e marcescenti abbandonati al loro destino, gli anfratti naturali, i richiami canori degli uccelli e gli improvvisi rumori di qualche folletto del sottobosco ci rivelano com’era bello, esteso e affascinante l’ambiente intorno a noi, meno di un secolo fa.

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