Domenica 12 giugno (dalle ore 7 alle ore 23, lo scrutinio inizierà subito dopo) gli elettori saranno chiamati a votare il referendum sulla giustizia. I quesiti ammessi sono cinque e riguardano la riforma del Csm, l’abolizione della legge Severino, i limiti agli abusi della custodia cautelare, la separazione delle funzioni dei magistrati e la loro equa valutazione. La proposta soggetta a referendum è approvata se hanno votato la maggioranza (50%+1) degli aventi diritto al voto e se è raggiunta la maggioranza (50%+1) dei voti validamente espressi.
Il testo del quinto quesito
Il quinto quesito (scheda di colore verde) riguarda “la riforma del Csm, stop allo strapotere delle correnti”. Ecco il testo: “Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta?”
Che cos’è e come funziona il Csm?
Il Consiglio superiore della magistratura è l’organo di autogoverno dei magistrati e ne regola la carriera. Per due terzi è composto da magistrati eletti. Come sottolinea il comitato referendario” oggi su capacità e competenza prevale il sostegno delle correnti: con il sì al referendum, se ne elimina il peso nella selezione delle candidature, colpendo il “correntismo” e il condizionamento della politica sulla giustizia”. Il Csm è presieduto dal Presidente della repubblica, membro di diritto al pari del presidente della Suprema corte di cassazione e del procuratore generale presso la stessa corte. Gli altri 24 componenti sono eletti per due terzi dai magistrati, scelti tra i magistrati, mentre il restante terzo viene eletto dal Parlamento in seduta comune. Un magistrato che voglia candidarsi a far parte del Csm deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme e, pertanto, nei fatti deve avere il sostegno di una delle correnti. Tra le più note vi sono Magistratura indipendente, Unicost e Area.
Che ruolo hanno le correnti dopo queste elezioni?
“Le correnti sono diventate i “partiti” dei magistrati e influenzano le decisioni prese dall’organo: come ha dimostrato il “caso Palamara”, intervengono per favorire l’assegnazione di incarichi ai suoi componenti, decidono trasferimenti e nuove destinazioni. Si muovono in un’ottica di promozione del gruppo e non sono certo utili per garantire giustizia ai cittadini. Spesso agiscono con una logica spartitoria e consociativa, cosicché le decisioni sono prese all’unanimità per “pacchetti” concordati tra i capicorrente”.
Cosa succede se vince il sì?
Viene abrogato l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. L’attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Con il sì, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del Csm presentando semplicemente la propria candidatura. Avremmo così votazioni che mettono al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico”.