03-02-2017 ore 18:32 | Rubriche - Fatto di ambiente
di Alvaro Dellera

Un fatto d’ambiente. Cresmiero e Treacù, da risorse ambientali ad ingombranti presenze

A distanza di secoli si può ben dire che Crema ha perso una grande opportunità. Visto oggi, con la necessità sempre più stringente di proteggere ambiente, natura e paesaggio, il corso del cavo colatore Cresmiero avrebbe donato a Crema tutto un altro aspetto. La sua presenza in città, oggi fin troppo discreta, quasi invisibile, traccia la sua antica storia configurandosi unicamente, ma erroneamente, come un cavo scolmatore solo utile a drenare verso il fiume le acque palustri del Moso, una volta abbondanti. Un appellativo gerarchico, dal lessico idraulico, penalizzante, che si porterà sempre dietro, ma è soprattutto agli inizi degli anni cinquanta che le sorti ecologiche ed ambientali del Cresmiero si infrangono definitivamente.

 

La rilevanza ambientale

La poca lungimiranza e l’assenza di una cultura amministrativa specifica, portarono a modificare gradualmente le sue rive, non rilevando la valenza paesistica ed ambientale, dalle forti caratterizzazioni naturali e morfologiche, che il cavo avrebbe meritato. Nel corso degli anni Sessanta la progressiva espansione della città ha ulteriormente nascosto le sue rive con mostruosi edifici appena fuori le mura storiche. I piccoli salti d’acqua offerti dal Cresmiero nel suo percorso verso la foce hanno ospitato anche opifici interessanti come gli ex canapificio e linificio sorti attorno al 1800. Senza per questo compromettere l’integrità ambientale mantenuta fino ad allora. Da qui in poi il Cresmiero ha riservato qualche riva alberata fino alla sua ultima trasformazione, un vero e proprio canale con sponde in cemento che arrivano alla confluenza col fiume Serio.

 

Alchina, Acqua rossa e Cucù

Alcuni luoghi simbolo di quel tempo rimangono però piacevolmente nella memoria dei meno giovani. Il nodo idrografico a nord di Crema è formato dalle rogge Alchina e Acqua rossa, dal cavo Turati e dalla roggia Senassone era fra le valenze ambientali cremasche di inizio novecento, con il cavo Cresmiero, l’area naturalistica maggiormente estesa ed interessante identificata nel Moso di Crema. Queste confluenze, oggi molto trasformate, sono ancora caratterizzate e regolate idraulicamente dal bocchello denominato Gurgh suridùr, il gorgo delle sorgenti (a lato una foto del '79 di Agostino Coodazzi). Il cavo Cresmiero inizia a nord del popoloso quartiere di Ombriano, nei pressi della famosa sorgente del cucù.

 

Gurgh dale campàne

Nasce dalla derivazione idraulica del cavo Senassone (Sanasù), formando in origine un modesto laghetto, ora è rimasto solo un piccolo slargo denominato gurgh dale campàne, gorgo delle campane, con canna palustre a contorno (sotto dopo la nevicata del 1985, © A. Codazzi). Qui il Cresmiero prosegue con un percorso rettilineo e una scarsa copertura vegetale. Farà il suo ingresso in città nel recente quartiere San Carlo. Negli anni sessanta il Cresmiero era molto frequentato da giovani e meno giovani. A quel tempo, le sue acque erano ancora balneabili e ricche di vegetazione acquatica con molti pesci, gamberi e importanti anfibi come i tritoni e le salamandre.

 

Campo di Marte

In città la contiguità fra il Campo di Marte ed il Cresmiero erano una distesa di prati ben condotti e altri invece incolti che degradavano fin verso l’acqua. Non esistevano al campetto di Marte i moderni giochi ma era comunque il luogo preferito per lo svago dei ragazzini di tutta la città. Bastava ‘l treacù con la sua puntiforme vegetazione su rive scoscese, fatta da intricati arbusti ed esili robinie a riempire le giornate di quei ragazzi. Konrad Lorenz diceva: “La miglior scuola dove un giovane possa apprendere che il mondo non è privo di senso, è la diretta frequentazione della natura”. Si fossero mantenuti gli spazi di quel tempo ed il relativo ambiente fluviale, oggi avremmo una città decisamente diversa, molto più educativa ed attraente per tutti. Ma le necessità vere o false dell’epoca, i conflitti e le diverse competenze hanno trasformato una risorsa ambientale in una presenza ingombrante tanto da essere, col tempo, oscurata.

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