L’amministrazione comunale di Crema sostiene la decisione del cda di Finalpia di procedere alla vendita dell’immobile. Come spiega Gianantonio Rossi, consigliere comunale di maggioranza e presidente della commissione bilancio, è opportuno effettuare un excursus: “il progetto di ristrutturazione del fabbricato inizialmente prevedeva una struttura protetta per anziani non autosufficienti, una casa albergo per anziani o casa vacanze”. Siamo nel 1999, durante l’amministrazione Ceravolo. “Con un bando pubblico – prosegue Rossi - l’aggiudicazione viene affidata alla Icos, società della galassia di Comunione e liberazione, che si impegna alla ristrutturazione confidando nel sostegno economico della regione Lombardia, settore socio sanitario, attraverso un convenzionamento”.
La trasformazione in albergo
“Non potendo poi convenzionare con regione Lombardia per usi socio sanitari la struttura, la Icos, per rendere profittevole l’investimento, chiede alla sopravvenuta amministrazione Bruttomesso (eletto nel 2007) la modifica di destinazione urbanistica, per trasformare quello che era un convitto, collegio, ospizio, in albergo, quindi con fine di lucro. Attraverso una serie di passaggi tra società (Icos, Obras, Comfort hotel) viene gestita la struttura, senza che nel tempo questa produca utili, ma anzi, una serie di perdite che mettono nella condizione l’ultimo gestore di non ottemperare ai suoi obblighi contrattuali, al punto da costringere la Fondazione a richiedere la rescissione del contratto, che avviene con provvedimento del giudice del tribunale di Savona”.
"Il problema è a monte"
“Il Cda della Fondazione si attiva immediatamente per rendere fruibile la struttura, affinché un prolungamento del suo inutilizzo non ne determini un depauperamento. Mette quindi a bando una manifestazione di interesse per la sua gestione in affitto. A detta del presidente Soffientini, al bando si presentano alcuni probabili gestori che però si manifestano poco affidabili e un unico possibile gestore con cui si intavola una trattativa, che non va a buon fine a seguito anche dell’insorgere del problema Covid e che si conclude col ritiro della disponibilità ad assumere l’impegno. La mancata ‘profittabilità’ dell’investimento può essere imputabile a due fattori: o di carattere struttrale o all’incapacità del gestore. Se fosse davvero per incapacità di gestione della Comfort hotel ci sarebbero state notevoli richieste di subentro, ma non è avvenuto. Perché il problema è a monte, nel limitato numero di camere dell’albergo e nella necessità di offrire un certo livello di servizio. L’aggravio dei costi non può essere scaricato sulle tariffe applicate alla clientela e si traduce in perdite d’esercizio. Da qui la decisione del consiglio di amministrazione di procedere con la vendita dell’immobile”.
Le obiezioni
Si sono quindi sollevate “una serie di obiezioni in campo politico: la prima è che non sarebbe una vendita ma una svendita. Sicuramente l’immobile sarà venduto a costi inferiori perché l’eventuale acquirente, per garantirsi una gestione attiva, non potendo comprimere i costi di servizio si rifarà sui costi di ammortamento dell’immobile. Vanno sempre ricordate le problematiche idrogeologiche insorte già in fase di ristrutturazione, con la necessità di costruire un muro di contenimento di un sistema franoso. Come abbiamo già detto la ‘profittabilità’ ha dei limiti. Eppure per la Fondazione non sarà una perdita, perché era proprietaria di un fabbricato vetusto e inutilizzabile e non ha sostenuto costi di ristrutturazione, ma solo l’acquisto dell’area destinata al parcheggio, che ha aumentato il valore complessivo. La cifra che si ricaverà sarà comunque un utile rispetto al valore originario”.
Concorso e riaffidamento
La seconda obiezione contiene la richiesta di un concorso di idee: “sarebbe inutile, basterebbe tornare all’idea originaria, ovvero alla struttura protetta per anziani non autosufficienti, casalbergo, casa vacanze”. La Fondazione sarebbe in grado di gestirla? “Assolutamente no. Non ha alcuna proprietà e senza alcun reddito genererebbe perdite tali da portarla rapidamente al fallimento. I costi di gestione della Fondazione sono superiori per oltre 100 mila euro per oneri di carattere tributario (locale, regionale e nazionale), per quota di ammortamento del mutuo e per costi fissi di gestione che ammontano ad oltre 150 mila euro annui”. In sostanza, “non avendo altri introiti, un ulteriore peggioramento della condizione economica metterebbe in condizione la banca di escutere le sue garanzie ipotecarie e sarebbe lei stessa a vendere l’immobile”. Il riaffidamento a terzi? “Non è stato possibile per mancanza di proponenti. E nel caso, secondo la Fondazione, avrebbe generato utili di circa 100 mila euro annuo, riversati sulla collettività cremasca, ma sappiamo che i contratti di locazioni hanno una durata di nove anni più nove: basterebbe una spesa straordinaria per annullare i proventi e la Fondazione verrebbe meno ai fini sociali”.
Sentimentalismi e comitati
È stata preannunciata la nascita di un ‘comitato di cittadini’ in difesa dell'ex colonia: “In attesa della perizia di valutazione dell’immobile e l’eventuale vendita, credo che le porte siano e saranno sempre aperte per qualunque tipo di ‘comitato’ volesse proporre al consiglio di amministrazione una nuova progettualità corredata da un piano economico finanziario e dalla disponibilità necessaria per realizzarlo”. Non è tempo di “sentimentalismi romantici: vorrei ricordare che dal 1987, da 33 anni, nessun cittadino cremasco si reca per le cure elioterapiche alla colonia di Finalpia”.
I frutti del progetto
“Il cda è arrivato alla decisione di vendere l’ex colonia in totale autonomia. L’amministrazione comunale - aggiunge Rossi – sostiene questa decisione. Nel frattempo ci attiveremo con tutti i portatori di interesse e tutti coloro che operano nel sistema socio assistenziale per mettere a punto un progetto che troverà finanziamento dalla vendita di Finalpia. Per riassumere, da un investimento infruttifero in Liguria porteremo nel Cremasco un investimento a favore della città. Credo che l’amministrazione comunale operi positivamente nel sostenere la decisione della Fondazione”.