20-06-2015 ore 20:17 | Politica - Crema
di Stefano Zaninelli

Crema. Riforma della sanità lombarda, intervengono i medici cremaschi

La difesa dell’autonomia dell’azienda ospedaliera Ospedale Maggiore di Crema coinvolge i cittadini e gli amministratori, il personale medico, gli operatori e tutto il settore dei servizi sociosanitari. All'incontro dei sindaci di stamattina presso la sala consiliare del Comune, promosso per fare il punto sulla Riforma sanitaria lombarda, raccogliere coesione territoriale e stilare un protocollo comoune da sottoporre ai referenti regionali, sono intervenuti anche alcuni professionisti della struttura di largo Ugo Dossena, portando un contributo tecnico al dibattito.

 

Continuità dei servizi

La riforma della sanità regionale prevede la creazione di enti (Asst) in grado di gestire un ampio bacino d’utenti (600 mila abitanti la previsione iniziale) in modo da rendere più efficiente l’erogazione dei servizi. “Non esiste una divisione tra ospedale e territorio – ha spiegato il dottor Roberto Sfogliarini, direttore medico dell’Ospedale Maggiore di Crema – la continuità è garantita dai tanti interlocutori che partecipano alla fornitura dei servizi. È vero, in generale stiamo vivendo un momento di difficoltà economica, ma possiamo ancora considerarci in una dimensione fortunata: quanto prospettato per il futuro siamo ancora in grado di realizzarlo concretamente”.

 

Organizzazione di rete

Secondo Carlo Malvezzi, Ncd, per rendere più efficiente il sistema sanitario, gli estensori della riforma hanno previsto una maggiore razionalizzazione delle funzioni tra gli Enti erogatori. “L’ospedale – ha proseguito Sfogliarini – opera già in una rete sanitaria e, inoltre, assicura tutte le attività di emergenza e urgenza: cardiovascolare, chirurgica, traumatologica. Tuttavia, se questo livello non venisse garantito, la dinamica dei servizi offerti cambierebbe. L’organizzazione di rete è una realtà di fatto, lo dimostrano le collaborazioni con altre strutture ospedaliere. Anche per questo abbiamo raggiunto un livello qualitativo medio-alto”.

 

Più integrazione

“Tuttavia, non esiste solo l’emergenza: bisogna tener conto anche della cronicità delle patologie: andando avanti nel tempo, avremo sempre più pazienti che si riacutizzano. Sarà necessario lavorare molto sul territorio, in modo che si possano creare la condizioni per la cura a domicilio. Servirà inoltre una maggiore integrazione con i servizi più vicini. In questo, il nostro territorio presenta condizioni più favorevoli rispetto ad altri. È però necessario considerare il nostro ospedale e il territorio insieme, nella stessa visione. La continuità tra la struttura ospedaliera ed il domicilio non è ancora completa, ma ci si può lavorare, certi che proseguendo su questa traccia i risultati li vedremo”.

 

Nessuna giustificazione tecnica

Secondo Fulvio Soccini, ex direttore sanitario dell’Ospedale Maggiore di Crema, il problema è “prettamente politico: non ci sono giustificazioni tecniche che vietino l’autonomia ospedaliera cremasca. L’ospedale non può essere declassato per nessun motivo; oltretutto, questo comporterebbe la perdita di autonomia del potenziale del personale, delle risorse umane, con l’inevitabile caduta del livello di qualità delle prestazioni. Qualora ciò dovesse avvenire, non ci si illuda di poter contrare sugli amici cremonesi”.

 

L’abbandono dei pazienti

Con Cremona i rapporti hanno sempre sofferto la rivalità: “quando nel ’97 siamo stati distaccati sotto l’Asl – ha ricordato Silvia Badocchi, primaria del reparto di Neuropsichiatria infantile – abbiamo faticato a collaborare con l’Ospedale di Cremona, a volte restio anche solo a fornirci materiale di prima necessità. L’autonomia ospedaliera, oltre alla difesa di posti di lavoro, significherebbe privilegiare una visione che eviti l’abbandono dei pazienti, destinandoli a interventi fuori dal territorio; si tratta, in altre parole, di garantire la vicinanza del servizio”.  

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