“Il nostro obiettivo è ottenere verità e giustizia per le 130 persone morte nelle Rsa di Crema durante l’emergenza Covid”. Nel tardo pomeriggio di oggi i membri del Comitato che riunisce i parenti dei pazienti delle Rsa di Crema hanno tenuto una conferenza stampa presso l’Arci di Ombriano. Hanno ripercorso la fase più acuta della pandemia, riportando anche alcune testimonianze di dipendenti o di parenti: dai "ricoveri continuati anche dopo la chiusura della struttura" alle "dimissioni senza test" dell’istituto Kennedy o della Rsa di via Zurla di Crema. Hanno contestato la ricostruzione dei fatti effettuata dalla direzione della Fondazione benefattori cremaschi, denunciato “la mancanza di trasparenza” e il fatto che sia stato “negato l’accesso agli atti a due amministrazioni comunali del territorio, Pianengo e Torlino Vimercati”. Al contrario di quanto accaduto a Seriate, "dove hanno risposto senza alcun problema fornendo con trasparenza tutti i dati".
La ricerca della verità
Secondo il Comitato la Fbc avrebbe “potuto e dovuto gestire molto meglio la situazione, sia per quanto riguarda gli ospiti, sia per quanto riguarda il personale”. Hanno quindi chiesto ai referenti politici della città di non abbassare la guardia e di non accontentarsi delle “poche risposte fornite finora”, ma di “avere il coraggio e il senso di responsabilità di pretendere chiarezza, nel rispetto del loro ruolo e soprattutto delle persone che hanno perso la vita e dei loro parenti”. In sostanza, sostenendo che i consiglieri comunali di Crema “non si sono particolarmente occupati della cosa”, chiedono pubblicamente che “abbiano la bontà di ascoltarci e verificare quello che abbiamo raccolto”. Del resto, hanno aggiunto, “non sappiamo quanti consigli comunali siano stati dedicati ai bagolari. Sono stati molti. Quindi potranno dedicarne altrettanti ad una vicenda di tale portata”. Moltissime le famiglie della città e del territorio direttamente coinvolte dal Covid. Il lutto non può essere elaborato “fingendo che si sia fatto tutto il possibile”. I loro racconti sono pieni d’angoscia. Non hanno potuto stare accanto a mariti, mogli, madri, padri, zii. Non hanno potuto salutarli, vestirli. Spesso ai funerali hanno partecipato una o due persone. Nessuno di loro ha dimenticato. Nemmeno un istante. Spiegano che “targhe, medaglie, ringraziamenti pubblici” non leniscono il dolore. Anzi, in assenza di verità è come gettare sale sulle ferite.
Le richieste
Mascherina sul viso, con un cartello sul petto, hanno quindi sgombrato il campo dalle polemiche: “siamo pluralisti, non rappresentiamo alcun partito politico, vogliamo tutelare anche gli attuali e futuri ospiti delle strutture sanitarie. Non ci conoscevamo prima. L’elemento di fondo che ci accomuna è la ricerca di verità e giustizia”. Il Comitato chiede di essere “ascoltato dalla Procura della Repubblica che sta indagando sulle Rsa provinciali. Abbiamo raccolto molte testimonianze e abbiamo materiale che può essere molto utile per fare chiarezza su quanto accaduto”. Al sindaco Stefania Bonaldi hanno invece chiesto di “ricordare le vittime con un segno tangibile e di istituire un ufficio che garantisca i diritti degli anziani, dei cremaschi ospiti delle Rsa”.
Felìcita
Infine è stato annunciato l’evento pubblico del 31 luglio presso l’Arci di san Bernardino. Verrà presentata l’adesione all’associazione Felìcita per i diritti nelle Rsa in rappresentanza e in difesa non solo dei parenti delle vittime ma di tutte le persone coinvolte nel mondo delle Rsa: partito dal Pio albergo trivulzio, ora è composto da 28 Comitati. In sostanza, si procederà collettivamente “contro ogni tentativo di introduzione di uno scudo penale esteso alle amministrazioni sanitarie, contro un indiscriminato colpo di spugna che cancellerebbe tre mesi di storia e migliaia di decessi, condannando le vittime all’oblio e privando i loro familiari del conforto che solo l’accertamento della verità può dare”.