Insieme allo stillicidio di sirene ad ogni ora del giorno e della notte, continua a far discutere (e al momento non trova alcuna spiegazione) quanto disposto dalla politica regionale sulla destinazione dei pazienti affetti da Coronavirus. Stamattina alle 11.30 il pronto soccorso di Crema era impegnato nell’offrire cure e assistenza a 76 persone contemporaneamente: 11 in codice rosso, 51 in codice giallo, 14 in codice verde. A Cremona e Brescia 60 persone, a Lodi 58, a Bergamo 76. Alla stessa ora gli accessi al pronto soccorso di san Donato erano 6. È così da giorni. Troppi. Al di là dei reiterati annunci e delle conferenze stampa prive di contraddittorio (o con domande preconfezionate e condivise), non solo il personale medico ma tutti i cittadini meritano una risposta dall’assessore regionale alla Sanità, Giulio Gallera. Spieghi su base scientifica il motivo di questo disequilibrio. E soprattutto ponga rimedio, senza cercare di creare un cordone sanitario attorno a Milano a scapito degli altri territori.
Rete di medicina territoriale
I dati sono ufficiali e provengono dall’applicazione Salutile, rilasciata dalla stessa Regione. Secondo il consigliere regionale Matteo Piloni il motivo di questa disparità ("esiste da tempo, è stato incrementato dall'emergenza Covid-19") è da ricercare nella “mancanza di una rete di medicina territoriale (medici di base, guardie mediche e distretti) a cui il cittadino può rivolgersi in alternativa ai Pronto soccorso. Lo scorso 27 gennaio chiesi formalmente a Regione e all'assessore Gallera di sostenere il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Crema durante i picchi di maggiore affollamento e di attivare in tempi rapidi una capillare rete di medicina territoriale tramite la costituzione dei Presst (presidi socio sanitari territoriali), così come previsto dalla riforma sanitaria regionale del 2015. Sto ancora aspettando una risposta. Ricordiamoci di queste questioni anche a emergenza finita".
Medicina generale
Al riguardo è da aggiungere che anche la rete territoriale esistente è mesas a durissima prova. Molte le testimonianze di medici della medicina generale (non solo nel Cremasco) al lavoro anche sabato e domenica, su base volontaria. Rispondono alle chiamate e valutano eventuali urgenze. Eppure la situazione è tale per cui “la gestione dei pazienti al domicilio è ormai insostenibile” e i medici sono stati costretti ad inviare “molti pazienti, soprattutto anziani, con polmonite da verosimile Coronavirus” al pronto soccorso.