La rete sanitaria e assistenziale del territorio cremasco ha bisogno di una radicale revisione. Questo è in sintesi quanto emerso dal documento, condiviso dai professionisti sanitari locali e dal presidente di Area Vasta Aldo Casorati e dal sindaco di Crema Stefania Bonaldi. Le cure primarie sono l’insieme di prestazioni e attività cliniche proprie del primo livello di assistenza; vengono prevalentemente erogate da medici di medicina generale. Va aggiunta una rete di servizi erogati direttamente dai Comuni o attraverso convenzioni, come il trasporto dei malati. Sull’argomento abbiamo interpellato alcuni sindaci.
“Ci pensi la Regione”
Secondo Rosolino Bertoni a Palazzo Pignano “non va bene. I medici di base sono preparati e fanno il loro servizio. Ne abbiamo tre. Tuttavia, uno di questi, ha deciso di abbandonare definitivamente l’ambulatorio del paese e trasferirsi definitivamente a Spino d’Adda. Mantenendo i mutuati pignanesi, i quali devono per forza recarsi a Spino per necessità. Il medico visita a domicilio solo per casi gravi. A livello generale, sono consapevole che sia necessario fare di più. Credo che non sia però competenza territoriale, bensì regionale e a quei livelli i singoli comuni possono fare poco”. Su quest’ultima affermazione è dello stesso avviso il sindaco di Cremosano Raffaele Perrino: “revisioni di questo genere vanno operate a livello regionale o statale. Come amministrazione siamo sulla stessa posizione di Bonaldi-Casorati. Per quanto riguarda il paese, noi abbiamo l’ambulatorio comunale, che è stato appena sanificato; due medici e anche il punto prelievi per chi ha difficoltà a recarsi a Crema”.
Ampliare gli ospedali di provincia
“Non è un problema così grave a Romanengo - spiega il sindaco Attilio Polla - perché noi abbiamo un centro prelievi gestito dal personale della casa di riposo Vezzoli (che ha chiuso al pubblico sin dal 22 febbraio ndr). Disponiamo di tre medici di base che lavorano bene con la comunità. È attivo il servizio, in convenzione con l’Auser, per accompagnare le persone in ospedale a fare degli esami. Attraverso la Croce verde di Romanengo si trasportano i dializzati. In questi momenti, a livello territoriale, si è con l’acqua alla gola causa Covid: mancano posti in ospedale, alcune patologie passano in secondo piano e si creano ingorghi. Si era parlato, con i soldi del Mes, di ampliare gli ospedali di provincia, mantenendone l’autonomia. Ora è tutto fermo”.
“Mancano i medici di base”
Il primo cittadino di Bagnolo Cremasco, Paolo Aiolfi fa parte della commissione sanità dell'area omogenea cremasca. “Abbiamo parlato con il Dg dell’Asst di Crema Germano Pellegata delle mancanze a livello territoriale: in primo luogo la comunicazione tra ospedalieri e medici di medicina generale. Durante la prima ondata di Covid erano impossibilitati a operare perché non avevano adeguati presidi e l’Ats non li aveva forniti. Manca una figura importante: l’infermiera di famiglia, potrebbe sostituirsi al medico del paese per quelle pratiche che non competono direttamente a lui. Il problema è che mancano, nelle realtà locali, medici di medicina generale. A Bagnolo, per esempio, il dottor Vaccari è andato in pensione lasciando ‘scoperti’ 1500 mutuati. Fortunatamente, grazie anche all’interessamento di Mario Andrini dell’Ats si è trovato un sostituto, il dottor Papetti, per sei mesi. Poi non si sa. È impensabile dover deviare pazienti anziani su Crema o altri paesi per mancanza di una figura professionale in loco. Il Covid ha aggravato la situazione. Non si è fatto nulla in estate per aggiornare i medici di base sui protocolli da mettere in atto per un’eventuale seconda ondata. Si sarebbe potuto consentire loro di eseguire i tamponi. I tempi si sarebbero accorciati e ci sarebbero state meno code ai pronto soccorso o presso strutture private, dove un tampone costa 80 euro”.