“Siamo in una crisi della democrazia, di rappresentanza. C’è bisogno di interventi che permettano di recuperare il rapporto tra rappresentanti e rappresentati”. Aprendo l’incontro all’Arci di san Bernardino sulle ragioni del No al referendum sul taglio dei parlamentari, Franco Bordo ha ribadito la posizione del Comitato cremasco e dell’Arci nazionale: “Questa proposta non è una riforma, non migliora la qualità della democrazia”. A contrario, “avremmo bisogno di recuperare la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. La crisi è data da un elevatissimo astensionismo, dall’eccessivo liberismo, dall’impossibilità di scegliere i propri rappresentanti per i listini elettorali bloccati”. In chiusura Bordo ha ricordato che “il Pd e Leu lo scorso anno hanno accettato di votare a favore dopo tre voti contrari”.
“Scegliere meglio e di più”
La costituzionalista e docente di diritto pubblico del Politecnico di Milano Maria Agostina Cabiddu ha illustrato nel dettaglio come il progetto di riforma non renda più efficiente la politica né il lavoro del parlamento, ma anzi ne riduca la funzione. Indebolire il parlamento significa diminuire la possibilità di mettere in discussione le decisioni del governo ed il potere di controllo dei cittadini. Con la vittoria del Sì al referendum aumenteranno i costi e avranno accesso al parlamento solo le persone più abbienti. Il popolo avrà meno possibilità di incidere. Secondo la Cabiddu si sta procedendo con passo spedito verso un sistema oligarchico; basti pensare ai tagli degli ultimi anni a livello locale. La politica – ha spiegato - si eleva solo potendo scegliere meglio e di più. I tagli hanno invece imposto agli elettori i candidati.
“Assoggettati alle lobby”
Per il Comitato socialista per il no è intervenuto Roberto Biscardini: ha sostenuto che la ‘riforma’ sia di fatto “una proposta dei 5 stelle, certo sostenuta da altri ma esclusivamente per opportunità politica. La prova è da ricercare nelle parole e nell’attivismo di Di Battista. Questa proposta è tutta nel loro Dna. Significa che il parlamento sarà sempre più soggetto alla volontà di un capo”. L’aspetto più inquietante è il tentativo di “eliminare il vincolo di mandato (il fatto che il parlamentare non risponda al popolo ma al partito che lo eletto)”. Se riusciranno in questo progetto “aumenterà il controllo delle segreterie e delle lobby economiche sui parlamentari. La questione dei risparmi? È ridicola, è un imbroglio”.
L’equilibrio di rappresentanza
Ha insistito sull’inganno e polemizzato apertamente sul populismo dei 5 stelle Linda Hazizaj. Secondo la referente territoriale di Italia Viva, con una vittoria del Sì è forte il rischio di portare alla deriva la nostra democrazia. Ha inoltre sottolineato che si procederà ad un forte e ulteriore impoverimento dei territori. In alcuni casi non solo verrà a diminuire la possibilità di avere referenti, ma addirittura avremo territori italiani privi di rappresentanti. In sostanza, “si va a stravolgere l’equilibrio studiato dai padri costituenti”.
Accordi disattesi
Dicendosi d’accordo con le tesi espresse dalla professoressa Cabiddu, il sindaco Stefania Bonaldi ha esordito sostenendo che ad oggi “ha senso essere così accondiscendenti nei confronti dei 5 stelle”. Al contrario l’accordo siglato dalla segreteria del Pd era comprensibile alla nascita dell’attuale governo. Pesa sulla decisione il fatto che i “punti dell’accordo siano stati disattesi”. Quali? “Manca una nuova legge elettorale e le notizie sulla bozza di proposta di legge non sono buone perché si ripropone il meccanismo delle liste bloccate”. Disattesa anche “la necessità di modificare i regolamenti per rendere le Camere più efficienti”. Al quadro si aggiunge la mancanza di “riduzione dei delegati regionali per la nomina del presidente della Repubblica”. Ovvero “rimarrà anche questo squilibrio”, con regioni sovra rappresentate ed altre penalizzate. Sul piano politico sono altri i punti di discordia: “dal ritardo della modifica dei decreti sicurezza di Salvini ai fondi Mes”, dai quali l’Italia rischia di essere esclusa, in particolare in ambito sanitario, per un diktat dei 5 stelle.