Al termine di una corposa discussione, ieri sera il consiglio comunale di Crema ha approvato il bilancio di previsione dell’azienda farmaceutica municipalizzata. Confermata la previsione dell’utile, attorno ai 220 mila euro. Hanno invece incassato il voto della maggioranza ma la sonora bocciatura del centrodestra le nuove linee di indirizzo, approvate nel 2018 e integrate nel 2020 con un focus specifico sull’immobile di via Samarani. L’idea di realizzarvi la sede di Afm, spazi per la comunità e attività commerciali al piano terra, ha spiegato il sindaco Fabio Bergamaschi, “è ufficialmente considerata non più attuabile dal punto di vista della sostenibilità finanziaria”. Non sono mancati rimandi, piuttosto ironici, all’ormai tramontata ipotesi che potesse ospitare anche una ‘sala da ballo’, pare addirittura richiesta da signori e signore del quartiere. Insomma, tocca dar conto che anche per la balera vale l’antico adagio: ‘sic transit gloria mundi’.
La perizia e la letterina
Superato di slancio il commiato al liscio, i lavori sono ripresi, ma sempre adagio, con una breve sintesi della commissione di garanzia. Riunione in cui, ha aggiunto il sindaco, è stato lo stesso presidente Geraci a dar conto di una perizia commissionata sull’area di via Samarani: “il valore fondiario si aggira tra 280 e 320 mila euro. Il cda di Afm ha intenzione di procedere ad una manifestazione di interesse per verificare possibili condizioni di alienazione”. In questo modo, ha spiegato il primo cittadino, “in aggiunta ad una capacità mutuataria e di investimento con fondi propri, Afm potrà valutare quella serie di investimenti”. Dove? “O su sedi attuali oppure nuovi, per far sì che le farmacie municipalizzate possano investire in robotizzazione e trasformazione degli spazi interni”. Furente la minoranza, non solo per la perizia, “pagata con soldi pubblici”, ma anche e soprattutto per il “valore stimato: circa 500 euro al metro quadrato”. Il tutto ‘senza alcun progetto, senza alcuna idea concreta di cosa farne dopo’. Dato per scontato che “anche lo sapessero non vengono certo a dirlo a te”, s’è sentito nitidamente tra i banchi d’opposizione. Rischiando a sto punto uno scivolone nell’eloquio e in seguito esternando i timori per la sicura reprimenda muliebre, Beretta ha avuto un picco di zuccheri e risvegliato di botto l’aula sonnecchiante. Ha tuonato contro “la letterina al miele di un utente” che a dir suo, invece di lodare Afm, finisce col farle una cattiva pubblicità.
Centri di salute a 360 gradi
Fuor di polemica, ha ripreso il sindaco Bergamaschi, il 2023 rappresenta “l’anno della ripresa e della fiducia anche all’interno dell’azienda”, che finalmente “ha chiuso l’anno senza dimissioni”. L’azienda municipalizzata lavora in un mondo difficile: “Deve fronteggiare la discesa in campo di grandi gruppi finanziari, la nascita di catene di farmacie e la concorrenza della distribuzione intermedia e dell’e-commerce”. Cogliendo l’assist, per il Partito democratico è stata Donatella Tacca a porre l’accento sul “sostanziale consolidamento delle vendite” e degli utili, sulla “distribuzione di premi ai dipendenti in base al raggiungimento di precisi obiettivi assegnati”. Col vento in poppa, pensando al prossimo futuro, “l’obiettivo è trasformare le farmacie comunali in centri di salute a 360 gradi, capaci di rispondere in modo completo e integrato alle necessità di ogni individuo”. Nel centrodestra devono aver apprezzato parecchio, visti i sorrisi, se non proprio le risate.
Gli anni del rilancio
Secondo tradizione consolidata, senza raccogliere le provocazioni, Donatella Tacca è andata dritta al punto, perché per il centrodestra fosse chiaro (e non è certo Marx) che l’amaro calice va bevuto fino in fondo: “se gli anni 2018-2020 sono stati gli anni del consolidamento economico, gli anni 2022-2023, quelli dopo la pausa Covid – ha concluso l’esponente del Pd - sono stati gli anni del consolidamento del personale, ecco che gli anni 2024-2025 si presentano come gli anni del rilancio, con la trasformazione in farmacie dei servizi”. Diametralmente opposta la lettura delle minoranze. Simone Beretta (Italia viva) è tornato a chiedere le dimissioni di Geraci, ricordando a più riprese la sua ‘appartenenza’ al Pd e la candidatura alle amministrative ritirata sul filo di lana per incompatibilità. Per Laura Zanibelli (Forza Italia) sinora sono stati spesi “tanti soldi e male”, le linee di indirizzo “non hanno alcuna visione”, anzi, abbondano di “scarse novità”. Infine, “il cda non è formato unicamente da Geraci” e gli interventi illustrati dal centrosinistra, “in realtà non sono ancora stati decisi”.
Linee in libertà
Sempre elargendo richiami musicali, filosofici e poetici a piene mani, i taccuini delle dolenze sono stati compitati anche dalla Lega, che ha rincarato la dose con Bergamaschini: “impensabile votare le linee di indirizzo, visto che viviamo nell’incertezza”. Gli ultimi bilanci di Afm sono caratterizzati da una sottile linea rossa, “un punto fermo, ovvero il presidente Geraci”. Spiccano per “instabilità gestionale ed organizzativa”. E per la Lega non si tratta certo di un caso. Ecco quindi che “l’azienda non è stata gestita secondo la logica del buon padre di famiglia”. Rispondendo a chi vede un orizzonte sereno, ha spiegato che “finché ci sarà questa amministrazione, non ci sarà nessun miglioramento”. Insomma: “Afm va completamente rivista”. Eugenio Vailati (Pd) ha rispedito al mittente con nonchalance le richieste di sfiducia della presidenza e della vendita delle farmacie, perdendo quasi l’aplomb e ribattendo anche al termine del proprio intervento alle dichiarazioni di De Grazia: “più che una visione, pare che siano linee d’indirizzo espresse in libertà”. Facendo copiosamente ricorso all’esercizio del dubbio e della retorica, il capogruppo di Fratelli d’Italia ha lasciato all’aula il compito di interrogarsi su annose questioni: “le farmacie rurali convengono? Permettono economie di scala? Forse riescono almeno a coprire i costi?”. Va da sé, direbbe un signore francese dal curioso cognome, che “la gestione del centrosinistra non è ottimale, anzi ha delle vistose carenze”. Sarà solo questione di diottrie?