05-07-2019 ore 11:50 | Politica - Crema
di Andrea Aiolfi

Nuovo e vecchio sfruttamento, criminalità e caporalato. Bruno Giordano ospite a Crema

Prosegue l’iniziativa dei 57 giorni - strade di legalità organizzato dalla Consulta Giovani per conoscere le molte facce del tema della legalità, attraverso interventi e testimonianze di esperti del settore. Ieri sera si è parlato di caporalato un problema diffuso e non così lontano come si crede. Ospite dell’incontro è stato Bruno Giordano, magistrato presso l’ufficio del massimario della Corte di Cassazione, consulente giuridico presso la Commissione di inchiesta del Senato della Repubblica sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali e professore della facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano. Durante la serata è stato sollecitato dalle domande di Andrea Conforti e Gaia Manzoni della Consulta dei Giovani.


Caporalato, un problema esistente

Si comincia subito con una precisazione, nell’introduzione alla serata il caporalato viene definito un fenomeno e questo secondo il professore trae in errore: secondo questa definizione non sarebbe possibile spiegarlo sul piano criminoso. Il caporalato invece è spiegabile nell’ambito delle dinamiche culturali, economiche e giudiziarie, si tratta di una realtà definibile come sfruttamento del lavoro. È necessario sfatare la convinzione per cui questa situazione di illegalità sia legata solo ed esclusivamente all’immigrazione. Il caso di Paola Clemente, bracciante italiana morta di infarto tre anni fa mentre lavorava nei campi, con un contratto regolare ma in una situazione di totale sfruttamento, aveva riaperto gli occhi della popolazione su questo problema e aveva portato alla legge 199/2016 per contrastare lo sfruttamento lavorativo. Una norma efficace, per il professore, ma poco applicata.


Agricoltura e grande distribuzione

La giustificazione spesso asserita per queste situazioni è l’impossibilità di fare altrimenti a causa dei prezzi a cui vengono comprate la frutta e la verdura dai produttori. Perché si verifica questo? In Europa le poche grandi catene di distribuzione controllano i principali flussi dei prodotti agricoli tra i territori. La necessità di comprare quantitativi ingenti di merce spinge i compratori a fare aste online al ribasso e una volta trovato il prezzo più basso, i produttori vengono messi nella condizione di dover abbassare ulteriormente le cifre proposte per non perdere l’ordine. Tutto questo porta a salari tra 0,50 e 2 euro all’ora, per 12 ore al giorno per chi lavora nei campi. Di questo “stipendio” spesso, una parte va al caporale che si occupa del trasporto delle persone tra un terreno e l’altro.


La base per lo sfruttamento

La criminalità organizzata si inserisce tra le pieghe del lavoro sfruttato perché per continuare a prosperare ha bisogno di due cose: il controllo del territorio e delle persone. Là dove ci sono uomini e donne nel disperato bisogno di lavorare, questi accetteranno anche un lavoro sottopagato e in condizioni di schiavitù, in una condizione di totale sottomissione e omertà, non a caso sono rarissimi i casi di lavoratori che denunciano i propri caporali o sfruttatori. Il territorio si controlla attraverso le aziende fornitrici del lavoro che accettano le condizioni imposte da chi in cambio assicura forza lavoro e protezione.

 

I nuovi lavori

Non solo agricoltura; le stesse dinamiche sono riscontrabili tra i riders, i lavoratori dei call center, le badanti, nell’edilizia, solo che spesso non ci pensiamo. Il professore ha lanciato al pubblico degli interrogativi provocatori: possiamo essere contenti di comprare una maglietta a 20 euro presso una catena di rivendite di abbigliamento, ma di questi, quanto va alla ragazza che l’ha confezionata in chissà quale parte del mondo? Oppure la passata di pomodoro pagata 30 centesimi, ci interessa davvero se è stata fatta sfruttando delle persone o siamo solo contenti perché abbiamo risparmiato? La conclusione è affidata a una considerazione amara: “Non dico che dovremmo avere un mercato etico, ma almeno legale”.