“Negli ultimi vent’anni gli stranieri residenti, quindi regolari, in provincia di Cremona, sono quadruplicati, passando dal 3 al 12 per cento dei residenti”. In fase di comunicazioni al consiglio, ieri sera Teresa Caso è intervenuta per portare all’attenzione dei colleghi e della città una tematica di sempre maggior importanza. Un argomento che va affrontato senza preconcetti, ma affrontando la realtà e trovando una soluzione, non più rinviabile. “Per capire la dinamica socio-demografica in atto – ha spiegato l’esponente di maggioranza - è interessante il dato delle nascite in rapporto alla popolazione: i bambini di nazionalità straniera rappresentano il 27% del totale delle nascite a fronte del 12% degli stranieri residenti mentre, a fronte dell’88% di residenti italiani i nati sono il 73%. Per quanto riguarda Crema, gli stranieri regolari residenti sono circa l’11%.
Invisibili
“I minorenni stranieri nati in Italia, risultanti all’anagrafe dei residenti nel comune di Crema, sono più di cinquecento. A ottobre scorso risultavano essere 503 ragazzi che, benché nati in Italia, frequentino la scuola qua, sono considerati a tutti gli effetti stranieri nel Paese in cui sono nati e vivono. Per un lungo periodo della loro vita, queste bambine e questi bambini, che siedono nei banchi a fianco dei “nostri” ragazzi (intesi come nati da genitori italiani), rimangono invisibili agli occhi dello stato italiano”.
L’impatto quotidiano
Possono chiedere la cittadinanza solo al compimento del diciottesimo anno e prima di aver compiuto 19 anni e solo se hanno soggiornato in Italia ininterrottamente. “Basta parlare con loro – ha sottolineato Caso - per capire che sono e si sentono italiani anche se formalmente non lo sono. Questa situazione di non-cittadinanza ha un impatto diretto sulla loro vita quotidiana. Oltre che a dover rinnovare il permesso di soggiorno come tutti gli stranieri, non possono usufruire di borse di studio all’estero, perché verrebbe meno la continuità di presenza sul territorio italiano. Per loro è difficile anche praticare attività sportiva agonistica date le limitazioni al tesseramento di atleti stranieri contenute nei regolamenti federali”.
Senso di appartenenza
La situazione attuale, che si protrae da anni senza possibilità di una soluzione, fa sorgere molte domande. In particolare in molti si chiedono “quali segni lascerà in loro, il sentimento di esclusione provato in una stagione delicata come quella della crescita, in cui si rafforza il senso di appartenenza alla comunità nella quale si cresce?” Secondo Teresa Caso “qui siamo di fronte al grande paradosso di coloro che negano questa realtà in nome della difesa dell’identità italica, come se questa fosse univoca e statica nella storia di un popolo: un bambino partorito sul territorio italiano, che frequenta le nostre scuole e parla perfettamente l’italiano, essendo nato da genitori stranieri, può chiedere la cittadinanza solo a 18 anni e dopo aver dimostrato di aver vissuto senza interruzione sul territorio italiano, mentre i discendenti di immigrati italiani, di terza, quarta generazione hanno diritto alla cittadinanza semplicemente grazie allo Ius sanguinis, cioè per “diritto di sangue”.
La realtà
“La rappresentazione plastica di questo paradosso è il recentissimo caso di 12 cittadini brasiliani che hanno richiesto la cittadinanza perché discendenti di una donna italiana nata nell’Ottocento che si trasferì giovanissima dalla provincia di Bologna al Brasile, dove visse fino alla morte. Queste 12 persone non hanno alcun legame con la cultura, le tradizioni e la lingua italiana che neppure conoscono (ad eccezione di una), non hanno mai visto l’Italia se non in video o in foto. Eppure, secondo la legge vigente, hanno i requisiti per diventare italiani, solo perché nelle loro vene scorrerebbe un po’ di sangue italiano e invece migliaia di immigrati che qui vivono da anni, lavorano e pagano le tasse, migliaia di ragazzi nati e cresciuti in Italia non hanno diritto alla cittadinanza”. In chiusura la consigliera di centrosinistra ha chiesto di guardare la realtà: “L’immigrazione viene narrata e affrontata solo come emergenza e non come fenomeno strutturale qual è”.
Una seria riflessione
“So bene che il tema del riconoscimento della cittadinanza è molto controverso, tant’è che nessun governo ha finora sciolto questo nodo. Per questo sono partita da qui, dai giovani, che sono parte integrante del futuro di questa città come lo sono i nostri figli, per invitare tutti a una riflessione seria sull’argomento perché su questi 503 ragazzi e ragazze di Crema (oltre un milione in Italia) pesa una grande disparità: pur essendo nati e cresciuti qui tra noi, con noi, non hanno gli stessi diritti e le stesse opportunità dei loro coetanei. E questa è un’ingiustizia, comunque la si guardi. Una domanda in conclusione: possiamo non considerare figli di questo paese queste ragazze e questi ragazzi?”