“A volte noi imprenditori siamo troppo individualisti; e invece, non c’è niente di più utile che fare rete e aggregazione. Solo così è possibile trasformare un progetto o anche una semplice idea in qualcosa di concreto, che possa proseguire e aprire opportunità di crescita per tutti, indipendentemente dai settori di competenza di ciascuno di noi”. Tommaso Carioni guida da quasi vent’anni l’azienda agricola di famiglia; è lui l’artefice della trasformazione di una piccola realtà contadina in un caseificio strutturato, capace di diversificare la produzione e lavorare su più settori alimentari, arrivato a contare fino a 28 dipendenti e 8,2 milioni di fatturato nell’ultimo anno. Fondata nel 1920 dal nonno dell’attuale titolare, l’azienda agricola ‘Carioni’ di Trescore Cremasco lavora sull’allevamento, sulla coltivazione dei cereali, sulla trasformazione del latte, sugli ortaggi e dal 2010 anche sulle energie rinnovabili.
Carioni, come si tiene insieme la tradizione agricola con esigenze di mercato sempre più industriali e internazionali?
Con la programmazione, diversificando l’offerta e battendo strade prima inesplorate. Quando aumenti i dipendenti e aumenti i volumi di produzione, non puoi pensare di continuare a fare solo le fiere e i mercatini, ma devi anche pensare in maniera più ampia, internazionale. Poi, noi restiamo comunque contadini, sappiamo da dove siamo partiti e ci ricordiamo ogni giorno della nostra terra.
E’ anche così che è nata l’esperienza a Expo 2015?
Certo; in questi anni si è fatto un gran parlare di internazionalizzazione, ma in realtà noi ci muovevamo da tempo in questo senso. La presenza a Expo è stata un salto di qualità e mi ha fatto capire il valore aggregativo; non si va in una manifestazione come quella solo per parlare di sé stessi, ma per creare relazioni, portare valore a tutto il territorio. E’ stato per noi un investimento importante, siamo stati presenti una settimana al mese all’interno dello spazio aggregatore ‘Love IT’, condividendo esperienze e dando la possibilità a ristoratori locali di esibirsi in quella cornice. Quello che ho capito è che è difficile pensare di portare Expo qui da noi nel cremasco, come molti imprenditori e associazioni hanno pensato, ma siamo noi a dover portare le nostre eccellenze davanti al mondo.
La partecipazione a Expo 2015 ha aperto spazi di mercato e portato riconoscimenti. Non è così?
Sì, siamo tra le venti aziende agricole italiane selezionate dal progetto ‘Fattore Futuro’ di McDonald’s per diventare fornitori ufficiali per i prossimi tre anni. Un risultato che ha avuto anche un riconoscimento del ministro Martina e che fa capire come anche una multinazionale come McDonald’s sia attenta al sistema agroalimentare italiano. Un percorso difficile, che ha comportato l’adeguamento e il massimo della qualità su un elenco di 150 criteri e parametri. Ma a parte il prestigio personale, ciò che mi ha stupito è che per la prima volta un progetto di sinergia e collaborazione con altre aziende si trasforma in opportunità reali e immediate di fatturato. Abbiamo ricevuto moltissimi premi e riconoscimenti in tutti questi anni: fanno sempre piacere e contribuiscono a fare promozione, ma è la prima volta che un premio consiste in opportunità di business. Questa è una lezione che nel nostro piccolo territorio provinciale dobbiamo imparare. Dobbiamo legare la valutazione e la qualità, anche la sostenibilità, a reali possibilità di crescita e fatturato.
Intende dire che anche il nostro sistema delle tradizionali fiere agricole è superato e deve rinnovarsi?
Sono sempre momenti utili, ma anche le fiere, i mercatini e le manifestazioni a cui siamo abituati devono fare un salto di qualità. Non ha senso che per due-tre giorni ci si parli, ci si confronti, si condividano idee e poi non si fa più nulla fino all’anno successivo. Il fattore decisivo, ed Expo ce lo dovrà insegnare, è quel che si farà dopo, come proseguire al di fuori di un evento che prima o poi, come ovvio, si conclude.
A livello istituzionale, si parla molto di ‘area vasta’, di un rinnovato ruolo di Crema e del cremasco nello sviluppo territoriale. Dal suo punto di vista, su quale settore occorre investire? E in che modo?
Credo che l’alimentare e la ristorazione continueranno a crescere in maniera enorme anche nei prossimi anni. Nel nostro territorio, con il coinvolgimento delle scuole e delle strutture giuste avremmo tutte le carte in regola per sfornare i migliori chef del futuro. Ma dobbiamo tutti avere maggiore elasticità, sprovincializzarci.
L’azienda agricola ‘Carioni’ è pronta a fare la sua parte?
Già prima di Expo ho sottoposto ad interlocutori un progetto per la formazione di manager territoriali. L’idea, ed è la prima volta che ne parlo apertamente, è quella di formare un gruppo di esperti (docenti, manager, imprenditori, formatori) molto vasto che entrino in sinergia tra loro, magari promuovendo e realizzando un master, un percorso di formazione, in grado di formare professionisti che sappiano portare le nostre eccellenze nel mondo, ma avendo sempre il territorio nel cuore. In altre parti d’Italia si riesce a fare, con importanti ricadute anche in termini sociali e di creazione di valore per il territorio. E’ il momento di provarci anche qui.