“Crema e il cremasco sono il cuore del settore del make-up, uno dei più in crescita in tutta Italia, con un incremento di 57 milioni di euro, circa il 10%, in un anno tra il 2013 e il 2014. Gran parte di questa scommessa viene vinta ogni giorno qui da noi, nell’arco di pochi chilometri. E’ una cosa di cui non ci rendiamo conto fino in fondo e che spesso tendiamo a dimenticare”. Renato Ancorotti, presidente di Ancorotti Cosmetics, è convinto che la situazione possa migliorare ancora, a patto che il territorio “torni a ragionare in un’ottica di sistema” e che tutti, dalle aziende stesse alle istituzioni fino alle associazioni di categoria, “facciano la propria parte”.
Ancorotti, qual è lo stato di salute della cosmesi cremasca?
Il settore del make-up ha raggiunto un fatturato di 638 milioni di euro, che in termini di fatturato di mercato potenziale significa qualcosa come 6 miliardi di euro. La sola Intercos di Dovera ne fattura più della metà, poi ci sono altre realtà importanti come la Chromavis e come noi che siamo partiti nel 2009 e ad oggi registriamo un fatturato di 42 milioni di euro. E infine, un numero crescente di aziende di medie o piccole dimensioni. Come si governa una realtà di questo genere? Cercando di tenere insieme la creatività artigianale con una mentalità industriale; questo passaggio e questa trasformazione rappresentano la vera sfida per tutto il settore.
Ed è uno degli aspetti su cui s’innesta tutta la vicenda del Codice Etico e del controllo della filiera. E’ così?
In un certo senso, sì. Io penso che sulla questione delle unità di confezionamento – a me piace chiamarle così, perché non sono tutte cooperative, ci sono anche altre ragioni sociali – ci sia molto da lavorare. Alcune, la maggior parte, sono in regola e lavorano seriamente, altre purtroppo presentano delle criticità. Una strada possibile è quella di farle associare in associazioni di categoria, magari come soci aggregati creando un dipartimento specifico, dove possano intraprendere un percorso. Penso a Cosmetica Italia, l’associazione di cui la nostra azienda fa parte, che potrebbe fornire un supporto per mettere in garanzia queste realtà, alcune delle quali cominciano ad avere numeri importanti. E’ una questione di serietà, di effetto reputazionale e, in definitiva, di allargamento delle potenzialità di mercato, perché quando si lavora per grandi gruppi multinazionali questi sono abituati a fare controlli e verifiche continue. Dal nostro punto di vista, facciamo tutti i percorsi e i controlli possibili nell’ambito della filiera; il problema, spesso, è rappresentato dai subappalti ed è qui che si ritiene necessaria una collaborazione stretta tra aziende, associazioni e sindacati. Devo dire, ad ogni modo, che nel nostro territorio questa collaborazione sembra funzionare bene.
Negli ultimi tempi si parla molto di “area vasta”, di una rinnovata centralità di Crema e del territorio cremasco che dovrebbe portare, se ben sfruttata, alla possibilità di recepire fondi e sviluppare investimenti. Secondo Lei, quali ricadute concrete può avere?
Bisogna capire che ruolo avranno Crema e il comprensorio cremasco: se finiremo, ancora una volta, risucchiati dalla centralità di Cremona, rischiamo seriamente di essere tagliati fuori da investimenti, infrastrutturali ma non solo, importanti e decisivi. Al contrario, io penso che Crema abbia tutte le carte in regola per contare a un livello sempre più ampio, a patto che si facciano anche politiche culturali, ambientali, viabilistiche. Noi abbiamo un’area industriale che ha grossi problemi di viabilità; i mezzi pesanti faticano ad arrivare, spesso si trovano a dover superare dei divieti.
Quello della zona industriale è uno dei temi su cui ragionare in termini di area vasta?
Assolutamente sì. La zona industriale è percepita come un corpo estraneo rispetto alla città, di cui invece è il cuore pulsante. E’ impensabile continuare ad avere i piccoli paesi con proprie aree industriali sempre più in difficoltà; bisognerà arrivare prima o poi ad espandere l’area attuale, avere città grandi che possano guidare territori sempre più vasti come avviene in tutto il mondo, penso per esempio all’Asia. Se si vuole fare l’area vasta, bisogna farla integrando tutti gli ambiti; non si può avere un’area vasta dove poi ogni piccolo comune fa quello che vuole.
In questo quadro s’inserisce anche l’accorpamento delle Camere di Commercio.
Non è un fatto positivo. Le Camere di Commercio vanno sistemate, modernizzate, ma va mantenuta la loro specificità territoriale, sono espressione di vocazioni produttive locali ben delineate e radicate nel tempo.
Come vede il futuro della cosmesi a Crema e nel cremasco?
In ragione dei numeri che abbiamo elencato prima, ci sono margini e prospettive di crescita davvero notevoli. Però c’è bisogno di politiche e di strategie conseguenti. Noi siamo il punto di riferimento del make-up nel mondo; Crema è conosciuta nel mondo per questo, per la produzione cosmetica di qualità. Ogni settimana ci sono clienti e investitori da tutto il mondo che arrivano in città. A me sembra che non ci sia piena consapevolezza di questo fenomeno; non mi riferisco solo alle amministrazioni, ma alla comunità nel suo complesso”.
Il tema della contraffazione è sentito nel vostro settore?
Sicuramente è un problema che esiste e che non è semplice da monitorare. Bisogna stare attenti, perché è uno di quegli aspetti su cui si misura quell’effetto reputazionale di cui parlavamo prima. Tuttavia, qui mi aspetto che anche le istituzioni siano presenti; per esempio, nel recente gemellaggio siglato dal Comune di Crema con la città cinese di Nanning, non mi è sembrato di leggere riferimenti a questo tema. Eppure, Nanning è una città di oltre 6 milioni di abitanti; inserire nel protocollo d’intesa un impegno reciproco nella lotta alla contraffazione sarebbe un ottimo segnale. Mi auguro che si faccia.
Qual è invece l’impegno immediato di Ancorotti Cosmetics a favore del territorio?
Continueremo i nostri corsi di formazione coinvolgendo gli istituti tecnici e professionali. Nell’ultimo anno, 22 studenti formati da noi sono entrati a far parte della realtà aziendale. Contiamo di proseguire su questa strada.