31-01-2023 ore 14:15 | Cultura - Storia
di Claudia Cerioli

Crema, il mito del ‘mare Gerundo’ nell’ultimo incontro del Fai con visita alle piroghe

Con una grandissima affluenza di pubblico non solo cremasco, si è svolta sabato 28 gennaio nella sala Cremonesi del museo di Crema e del cremasco, l’incontro promosso dalla delegazione territoriale del Fai, avente come relatore lo storico Valerio Ferrari. Il tema era il mito del ‘mare Gerundo’ nel contesto storico-geografico del cremasco. Dopo i saluti  della capo delegazione Annalisa Doneda e dell’assessore all’ambiente del comune Franco Bordo, l'illustrazione dell'argomento è partita dall'inquadramento geo morfologico della pianura lombarda e delle valli fluviali che la solcano, tutte contemporanee tra loro e formatesi in modo analogo a quella dell'Adda (e tuttavia prive di analoghe tradizioni ‘lacustri’), ed è poi passata a delineare un breve excursus storico-climatico relativo alle vicende occorse a questo vasto territorio dall'ultima glaciazione in poi. L’esposizione di Ferrari si è poi concentrata sulla concreta eventualità che un bacino lacustre di così imponenti dimensioni, secondo le fantasiose ricostruzioni grafiche riportate da diversi volumi ed ora da chiunque rintracciabili in internet, sia potuto veramente esistere. Secondo la narrazione tradizionale, infatti, sono ancora molte le persone che ritengono che questo mitico ‘lago’, sia veramente esistito in epoca imprecisata, ma che la mitografia letteraria cremasca e lodigiana riferirebbe ai primi secoli del basso Medioevo.

 

La scomparsa grazie a san Cristoforo

Scomparso miracolosamente, come asseriva l'erudito lodigiano Defendente Lodi, il primo gennaio dell'anno 1300, unitamente al malefico ‘drago’ che ne infestava le acque ‒ per intervento soprannaturale, mercé  l'intercessione di San Cristoforo ‒ della sua esistenza non sarebbero rimaste altre tracce se non nella sua leggendaria evocazione, rinnovata di generazione in generazione dai racconti di schiere di nonni, genitori e insegnanti che ogni volta ne rinfocolano l'immaginifica figura a tutto favore di una platea di nipoti, figli e alunni che a loro volta, divenuti adulti, ne perpetueranno l'epopea. La singolare saga, diffusa per la prima volta a stampa dal cremasco Alemanio Fino negli ultimi decenni del XVI secolo, da quel momento in poi avrebbe trovato un'insperata fortuna ad opera di altri eruditi e letterati delle varie epoche successive. In tal modo il mitico lago prese ad espandere progressivamente le sue immaginarie dimensioni, finendo per configurarsi come il più vasto bacino lacustre che il suolo italiano avesse mai visto in epoca storica, coprendo una presunta superficie lunga una sessantina di chilometri, dalla confluenza tra i fiumi Adda e Brembo, per giungere sino al Po.

 

Il drago Tarantasio

Qualche considerazione anche sul mitico "drago Tarantasio", il cui nome dev'essere ritenuto di non antica origine, poiché mai menzionato in tale forma dagli autori passati almeno sino al secolo scorso, ha chiuso la conversazione. A seguire i visitatori sono stati accompagnati dai volontari e dal personale del museo nella sezione di archeologia fluviale che ospita quattro delle tredici piroghe trovate nei fiumi Adda, Oglio e Po appositamente trattate per poter resistere fuori dall’acqua, grazie anche all’ambiente ad umidità e temperatura controllate della sala. Undici imbarcazioni monossili (così vengono definite dagli studiosi le piroghe) furono ritrovate tra il 1972 ed il 1976 e costituiscono il nucleo più significativo della collezione.

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