Alle ore 10 di mattina giunse da Pavia un telegramma che annunciava la visita del generale Giuseppe Garibaldi a Crema. Fu così che il sindaco Angelo Cabini riunì in seduta straordinaria la giunta composta da quattro assessori ed estese la notizia del desueto evento ai cittadini, indi il sindaco, da perfetto padrone di casa, mandò in avanscoperta la diplomazia cremasca che raggiunse Garibaldi alle ore 16 in località Fontana, presso Lodi. Con Garibaldi vi era un capannello di persone, noi citiamo solamente i suoi figlioli: Menotti e Ricciotti. Scesi da cavallo, i cremaschi strinsero la mano e pianificarono quanto a Crema si sarebbe svolto. Rassicurato che i dell’accoglienza a braccia aperte, Garibaldi fece girare carrozze e cavalli e tutti assieme partirono per la douce Crema.
L’accoglienza
Lungo la strada che da Lodi porta a Crema, a macchia di leopardo, i contadini lo applaudivano incuriositi. Fu così sino al suo ingresso in città ove una fiumana di astanti con alla testa la banda cittadina l’accolse festante al suono e al canto dell’Inno di Garibaldi. Giunto davanti al Palazzo Pretorio, a fatica per la moltitudine che voleva toccarlo e parlargli, scese da cavallo e salì su per le antiche scale del municipio. Qui non trovò il sindaco ad accoglierlo, ma l’assessore dottor Faustino Branchi.
Gli onori di casa
Fu lui a fare gli onori di casa con un solenne brindisi e col sostegno del Sotto Prefetto che alzando il bicchiere rimarcò con voce tonante: “Un brindisi al Re e all’unità d’Italia”. Dalla piazza rumoreggiante Garibaldi capì che avrebbe dovuto arringare, perciò si apprestò sul balcone e là fece il suo discorso. Terminato il comizio (il sindaco Cabini era sempre uccel di bosco), Garibaldi e i suoi furono portati presso l’albergo del Pozzo (sito a metà via Mazzini, nella traversa fra via Mazzini e via Civerchi) ospite d’onore d’un raffinato banchetto.
Malattia diplomatica?
L’indomani, consumata un’abbondante colazione, Giuseppe rassicurò una delegazione di parroci e sacerdoti cremaschi che non era in discussione la sua fede in Dio, ma che detestava i mercanti dentro il tempio. Garibaldi poi chiese agli amministratori notizie del sindaco Cabini, gli fu risposto che era chiuso nella sua dimora a causa di una improvvisa malattia. Garibaldi sbottò “ Vado a trovarlo” e così s’incamminò fino a bussare al suo portone, fatto entrare, si salutarono e parlottarono cordialmente, indi Garibaldi tornò sui suoi passi. Era una malattia diplomatica? I maligni sibilarono, e qualche fonte è giunta fino a noi, che il buon sindaco era tutt’altro che entusiasta dell’unità d’Italia.
L’inaugurazione del tiro a segno
In compagnia del facente funzione di sindaco - l’assessore Branchi - verso le ore 8 di mattina Garibaldi s’incamminò all’area che doveva inaugurare: quella del Tiro nazionale al bersaglio. A Crema vi era un’associazione importante di questo sport presieduta da Giovanni Tensini di nobile schiatta. Quest’ultimo approfittò della presenza del generale per rimarcare che i bersaglieri cremaschi andarono volontari a Varese, a Como, a Palermo e a Napoli ben preparati nello sparare con la carabina dalla quale (sono le testuali parole del Tensini) “Non vorremmo mai staccarci, che appenderemo al nostro letto e a cui guarderemo come a una fida sorella. […] Date dunque il segno o Generale e voi Bersaglieri di Crema, gridate il vostro motto: l’occhio al centro e il cuore all’Italia”.
La delegazione femminile
Terminata l’inaugurazione al nuovo poligono di tiro, Garibaldi si recò in visita alla scuola Normale e anche colà ascoltò l’esegesi del direttore, il Cavalier Abate Allisio. Poi visitò l’Ospitale degli Infermi, civili e militari. Oramai stanco e sfatto da quelle asfissianti cerimonie (il nostro era più avvezzo ai campi di battaglia), tornò all’albergo del Pozzo sperando di avere concluso il caravan serraglio dei salamelecchi cremaschi, ma fu travolto da una delegazione tutta al femminile. Non era ben chiaro l’intento di quest’ultima visita e noi stendiamo il solito velo pietoso. Certo è che l’Eroe dei Due Mondi fece preparare immediatamente cavalli e carrozze e salutando gli astanti a mezzogiorno dell’11 aprile del 1862 lasciò l’albergo del Pozzo e Crema alla volta di Castelleone per recarsi a Soresina, giunse al vespero.
Le fonti
La giornata di Garibaldi a Crema – 10 Aprile 1862,Giaccomo Cazzamalli Editore, Associazione Nazionale Combattenti e Reduci – Sezione Crema, L’araldo. Si ringrazia il dott. Carlo Piastrella e la direzione del Museo Civico di Crema.