30-01-2022 ore 15:46 | Cultura - Mostre
di Gloria Giavaldi

Sala Agello, gli scatti di Damy e Metelli per un viaggio in Tibet con gli occhi degli altri

I volti delle persone sbucano dalla penombra. Nelle sale Agello del centro culturale sant'Agostino nel giorno dell'inaugurazione della mostra fotografica di Ken Damy e Manuela Metelli sembra di essere a casa, tra amici, nonostante gli scatti raccontino di luoghi lontani. E di persone diverse. Per cultura e tratti somatici, per abitudini. Quel che è chiaro, però, è che sono tutte accomunate dal sorriso. Dal desiderio di conoscere ed accogliere due pellegrini giunti da lontano. Con un obiettivo (fisicamente e metaforicamente) in tasca: scattare per narrare un'esperienza ed ampliare gli orizzonti. Le fotografie sono disposte sui due piani della struttura. Il primo è un'immersione di colori, di volti, di paesaggi. Con le foto di Damy: “quel viaggio – raccontava nella nota stampa di lancio – è stata una sfida nella sfida”.

 

La sfida

Un tragitto fatto a piedi da Katmandu, in Nepal fino a Lhasa, in Tibet. Senza troppe certezze. “Per un fotografo i paesi da visitare per la prima volta rappresentano sempre una sfida con se stessi. Troppi colleghi studiano i percorsi cercando informazioni e, a volte, certezze per non tornare a mani vuote. Io ho sempre optato per l’incertezza, con una buona dose di rischio. Con il Tibet il rischio è stato alto. L’altitudine in primis, sempre oltre i 4 mila metri: lì non è facile anche solo respirare. Il freddo, soprattutto di notte”. Non ci sono troppe regole, se non una: “scattare sempre”. “La fotografia di viaggio non ha criteri. Scatti, cerchi di catturare ogni attimo, fotografi un po' tutto. È istintiva, non premeditata”. Realistica, reale, non impostata. “Il percorso via terra ci ha consentito di incontrare persone, incrociare sguardi, stringere legami”. E conoscere abitudini: “siamo capitati in un villaggio nel giorno della preghiera. Poi abbiamo capito che in quei posti si prega quasi tutti i giorni”. Gli abiti tipici rievocano un ambiente austero, necessario per instaurare un dialogo profondo. “Abbiamo avuto modo, (quella è stata solo fortuna) di immortalare i giovani nel loro esame conclusivo all'università. Le persone sono sempre state disponibili. In quei luoghi non c'è turismo di massa. Devono aver colto un nostro vero interesse”.

 

Viaggiare con gli occhi

Al piano superiore le fotografie di Manuela Metelli sono solo in bianco e nero. “Mi aiuta a non disperdere l'attenzione: è come se l'immagine fosse più diretta”. Perdersi negli occhi dell'altro è facile. “Ho sempre concepito il viaggio come un'occasione per conoscere altre culture”. Per percorrere distanze ed abbatterle con la macchina fotografica appesa al collo. “Amo raccontare i luoghi con gli occhi delle persone che li vivono. É bello creare dei legami con gli abitanti del posto e raccontarli a modo mio attraverso il clic”. C'è l'immagine, con occhi che parlano. E poi c'è un mondo interiore. “Amo raccontarlo a modo mio, celebrando con lo scatto la relazione che si è creata con la persona ritratta”. Un po' come dire: ogni persona è un mondo, scopriamolo. “Il mio è il racconto di un viaggio. Spero che i visitatori possano viaggiare con gli occhi”. Accanto alle fotografie, nelle vetrinette ci sono oggetti particolari appartenuti ad alcune donne tibetane. È la loro cultura che si racconta ed abbatte le distanze. All'uscita, il video curato da Maurizio Dell'Olio e Alessandro Gariazzo, consegna immagini che profumano d'amicizia. L'esposizione sarà visitabile fino al 13 febbraio dal martedì al sabato dalle 16 alle 18.30, la domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18.30.

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