Incontro 'il prof' Giuseppe Strada nel chiostro del san Domenico che accoglie silenzioso chi arriva da via Verdelli: chi come me non può dimenticare la sua lunga attività di Preside, come si usava chiamare fino a qualche tempo fa i dirigenti scolastici, continua a chiamarlo così, mentre i più intimi preferiscono di gran lunga soltanto il suo nome “di battaglia”: Peppino. L'occasione è una chiacchierata con l'uomo, che ha guidato per tre mandati consecutivi la Fondazione San Domenico, alla vigilia dell'arrivo del nuovo presidente, 'top manager', del quale si vocifera ormai da giorni il nome, in attesa che venga ufficializzato.
Un bilancio soddisfacente
Ci accomodiamo all'ingresso della mostra, allestita per i festeggiamenti dei primi 25 anni di attività del teatro: quale luogo migliore per condividere aneddoti, ricordi, emozioni se non tra le fotografie e gli oggetti, che di questi anni parlano e portano preziosa testimonianza? “C'è un bilancio di quantità e uno di qualità", inizia deciso Strada: "Siamo passati da 30 a 120 aperture annue e si è verificato un allargamento del pubblico significativo, specialmente verso gli utenti più giovani. Sono stati fatti investimenti per più di un milione di euro, che vuol dire più di centomila euro all'anno: si è trattato di somme cospicue, ottenute partecipando a bandi regionali o ai più recenti PNRR. Tutti questi fondi sono stati investiti nel teatro, nella messa in sicurezza della struttura, nell'abbattimento delle barriere architettoniche, nel risparmio energetico, nel rifacimento dei sistemi antifumo e nella messa in regola del palco, che non era ignifugo".
Tra progetti e strategie di crescita
Mentre il professore argomenta con la simpatica disinvoltura che lo contraddistingue, lo sguardo si posa sulla fotografia in bianco e nero che ritrae il teatro sociale di Crema, opera del Piermarini, bruciato nel 1937. “Il ruolo dell'amministratore è complesso: deve essere creativo per stendere i progetti, ma anche per trovare strategie di crescita. Ci siamo inventati la mostra Crema Veneziana e il catalogo ha venduto più di 800 copie, tanto che in città credo sia un bestseller, poi è stata la volta di Crema Curiosa, che ha avuto un successo notevole e di Crema della Bellezza, iniziative che hanno dato lo spunto ad altri a proseguire nella medesima direzione. Quando vedo le cose andar bene, sono felice”.
La Fondazione San Domenico
“Come Fondazione ci siamo impegnati nell'aiutare a riscoprire una serie di peculiarità del nostro territorio, la bellezza, la storia, i monumenti della nostra città, l'arte”. Giuseppe Strada accompagna le parole con un gesto della mano che indica “le chicche” esposte: “Con questa mostra abbiamo riscoperto personaggi e momenti di vita e di storia cremasca inaspettati ed interessanti, come la curiosità sul nonno di Giulietta, identificato nella figura di Matteo Griffoni Sant'Angelo, o le vicende dell'Inquisizione”. Il racconto del presidente uscente è ricco di particolari, di commenti divertenti e divertiti: elenca i grandi artisti che sono passati dal San Domenico, restando estasiati dalla bellezza del luogo e dall'accoglienza della città.
In pensione anche dalla cultura?
Il tempo a disposizione si sta esaurendo. Mi fa notare un pannello della mostra sul quale campeggia la scritta: “Un teatro che cresce, in 25 anni ne abbiamo fatta di strada”. Ridiamo complici del simpatico gioco di parole ed io rilancio proponendo di intitolare l'articolo “25 anni di Strada”. Il professore si schermisce e mi rivela quali saranno le sue attività ora che sta per diventare doppiamente pensionato. “Se verrà richiesto il mio aiuto, non mi tirerò indietro, ma l'idea di godermi un po' di più il mio tempo libero non mi dispiace”.
Crema, città di bellezza
Ci salutiamo con viva cordialità, come si direbbe in un ambito un po' burocratico e con un'energica stretta di mano: il professore è atteso da un gruppo di signore che desiderano visitare la mostra, pertanto sveste i panni dell'intervistato per mettersi in quelli del cicerone. Percorro di nuovo il chiostro, che ora non è più silenzioso, tra le voci ciarliere delle visitatrici e la musica ovattata che giunge dalle aule del piano superiore, dove stanno facendo lezione gli alunni del Folcioni, la civica scuola di musica ormai parte della Fondazione, non senza qualche criticità ancora da aggiustare. Penso che è proprio bella la mia città e con lei le tante persone che si mettono a servizio della sua bellezza.