Le scosse di terremoto fanno da sfondo alla vita di tanti. Non quelle della terra che trema sotto i piedi, quelle della vita che corre veloce e sfugge al controllo. Quelle che raccontano le fragilità del nostro essere umani, le cose irrisolte, le paure, i vuoti, le delusioni. Fino a quando dal fondo, dai frantumi dell'anima, arriva la spinta per ripartire: è il desiderio di ricostruire nonostante le certezze smarrite. E i gusci, custodi di ciò che siamo stati, infranti. Parte da questa idea La ballata dei gusci infranti, appunto, l'ultimo film di Federica Biondi, prodotto dalla casa cremasca Muvlab e dalla marchigiana Linfa Crowd. Alla proiezione ieri sera presso il Multisala Portanova c'erano anche Mirko Celano e Nicolò Chiodin, due giovani videomaker cremaschi che hanno curato le riprese: “di una storia di distruzione e di speranza, di dramma e di resilienza”. Perché si può sempre ripartire anche quando la terra trema sotto i piedi nel vero senso del termine.
Storie di vita
Ambientato nei luoghi del sisma del 2016 il film racconta quattro storie diverse, legate da un filo, o meglio da una persona, Jacopo, quello che tutti chiamano il matto del villaggio, che parla con gli alberi, viaggia nella natura, cita Dante e aiuta il prossimo. Qualunque esso sia. Aiuta Lucia a ripartire, a riorganizzare la fattoria, dopo essere stata lasciata dal marito. Aiuta Gali, il nuovo parroco africano giunto per sostituire don Giulio, il caposaldo di una piccola comunità. Gali porta novità, in un posto di tradizioni vive. Si fa posto, infilandosi con discrezione nelle vite degli altri. Pochi passi più in là, abitano David ed Elisabetta che vivono l’attesa del primogenito tra la paura del futuro e le prima sinistre scosse di terremoto. Vedono infrangersi la superficie liscia dell’amore: tremano le fondamenta e franano le certezze. Infine ci sono i genitori di Jacopo, Alba e Dante, attrice lei, drammaturgo lui. Alba ha il volto e la grande competenza di Lina Sastri. Con lei Caterina Shulha, Simone Riccioni, Paola Lavini, Miloud Mourad Benamara, Giorgio Colangeli, Barbara Enrichi e Samuele Sbrighi.
'Tornare a riveder le stelle'
Ciascuno con la propria storia: c'è chi ha il guscio di una lumaca e chi non ha mai avuto una grande passione per le case, perché “ne ha cambiate tante”. Tutti, però, si troveranno a ripartire dalle macerie. Dai paesi distrutti. Suggestive da questo punto di vista le immagini di Arquata del Tronto, un paese che non esiste più. È andato in mille pezzi. “Le strade – ha spiegato Nicolò – sono interdette al traffico. Abbiamo potuto fare le riprese grazie alla Protezione civile del posto. Quel luogo diventerà un museo a cielo aperto”. La testimonianza naturale di quanto la forza può essere distruttiva. Ma anche di quanto da mille pezzi si possa ripartire. Si possa, per citare Dante e Jacopo, “tornare a riveder le stelle”.