Alla Libreria Ubik di Crema è stato presentato Jodie. La ragazza che sognava l’oceano, il primo romanzo di Elena Martini, cremasca per nascita, insegnante di danza e pilates per professione, storica dell’arte per formazione, cavallerizza e scrittrice per passione. L’intervista all’autrice, ad opera di Martina Mussi, è stata intercalata dalla lettura espressiva di alcune pagine, per bocca di Lavinia Seresini, e si è conclusa con un rinfresco – purtroppo per gli amici di John Barleycorn – analcolico. Il Dom Pérignon sarà per un’altra volta, ma un libro così americano si abbina piuttosto bene alla Coca Cola… More solito, la storia della scrittura di Jodie potrebbe essere a sua volta un romanzo. Elena racconta che il soggetto le balenò in testa ex abrupto una notte, forse sognando, all’inizio della pandemia di Covid-19. A differenza di altri, non soffriva molto il fatto di non poter uscire di casa, ma come tutti si sentiva un po’ limitata. Perciò decise di viaggiare con la fantasia, immaginando cosa avrebbe voluto fare se non ci fosse stato il lockdown. La scrittura ha avuto su di lei un effetto terapeutico.
Lo Zio Sam non era un Paese per vecchi
Elena ha creato un personaggio che non è un alter ego (anche se la sua lunghissima treccia di capelli biondo-rossicci, identica a quella di Jodie sulla foto di copertina, fa sorgere qualche dubbio) e un romanzo che in realtà non è autobiografico. Il nome della protagonista è stato rubato all’attrice Jodie Foster, una delle preferite di Elena. Il personaggio ha 22 anni, una decina meno dell’autrice. I fatti si svolgono in Arizona e California nel 1870. Erano anni violenti di corsa all’oro, guerra civile, costruzione di ferrovie e conquista del Far West. Nel 1890 si verificò il sanguinoso massacro degli indiani Lakota a Wounded Knee. Nel libro c’è un excursus sul Ku Klux Klan. Imbastire un’ambientazione credibile per la propria storia a volte è difficile perfino dopo aver vissuto in certi luoghi. Figuriamoci per chi, come Elena, non ha mai visitato gli Stati Uniti… Eppure, aiutata dai suoi studi universitari e spronata dalla passione per i film western, la scrittrice ha trascorso mesi a consultare volumi e mappe, per ricostruire la flora e la fauna dell’epoca, deserti, foreste e sentieri percorribili a cavallo da quelle parti. E senza usare una macchina del tempo è riuscita a calare il suo racconto in un contesto decisamente verosimile. Per evocare l’atmosfera da saloon, Elena ha addirittura inventato due canzoni che ricordano la musica country americana.
California Dreamin’
Jodie (un po’ come Jack London) abita negli Stati Uniti occidentali e proviene da una famiglia di immigrati inglesi e irlandesi. Ha tre sorelle più piccole di lei. È stufa di un ambiente in cui le ragazze della sua età pensano solo a imbellettarsi e a sposarsi. Lei ama l’avventura e vuole raggiungere a cavallo l’oceano Pacifico. Come in un gioco di matrioske russe, la California rappresentava un sogno nel sogno americano. Oggi lo è un po’ meno, ma pazienza (si legga il libro California. La fine del sogno di Francesco Costa). Jodie parte di notte, senza salutare nessuno, in groppa alla sua cavalla Lola, una pomellata grigia ispirata a uno dei cavalli di Elena.
I modelli letterari e cinematografici
On the road, Jodie vivrà frizzanti avventure e disavventure. Verrà morsa da un serpente, portata da una guaritrice che pratica la medicina degli indiani, sarà presa in giro e malmenata. Durante il suo viaggio interiore e fisico verso l’oceano, incontrerà tre fratelli banditi di origine ebraica, una famiglia che manda avanti una fattoria e altri strani personaggi. Elena – come William Shakespeare in Shakespeare in Love – ha preso spunto dalle persone che ha conosciuto nella vita reale: parenti, amici, conoscenti, ex fidanzati deludenti (dura l’ex sed l’ex). Leggendo Jodie, si ha l’impressione di guardare certe scene girate da Sergio Leone, Clint Eastwood o Quentin Tarantino (si parva licet componere magnis). Elena ha elencato i suoi modelli: lo scrittore Cormac McCarthy, film come Balla coi Lupi, L’Ultimo dei Mohicani, Cuori Ribelli, Revenant e il recente Killers of the Flowers Moon. Elena legge un po’ di tutto (tranne la fantascienza e i manga), adora i libri vintage e studiare la civiltà degli indiani. Alla fine ha dispensato qualche consiglio di lettura: Le Ceneri di Angela di Frank McCourt, Uomini e Topi di John Steinbeck, Inés dell’Anima Mia di Isabel Allende, Miti e leggende degli Indiani d’America, scritto da autori vari e pubblicato dalla Mondadori.
Meglio cavalcare i cavalli che le mode
Elena spiega che Jodie parla con ironia di libertà, avventura, esplorazione, vitalità, coraggio ed emancipazione della protagonista. Sottolinea però che il suo libro non è femminista. Preferisce cavalcare i cavalli anziché le ideologie fin troppo abusate o le mode del momento. Come direbbe Andrea G. Pinketts (absit iniuria verbis), Elena sembra consapevole che un gineceo rischia di trasformarsi in un ginepraio da cui non si esce nemmeno bevendo un gin-tonic. Infatti non ha voluto scrivere un romanzo tutto al femminile: la protagonista è una donna, ma in Jodie non mancano le quote azzurre. I suoi lettori le hanno detto che scrive come un uomo e ha una sensibilità maschile. Li ha presi come complimenti. Crema “non è un Paese per vecchi”, ma solo una “città della pianura” padana. Elena, forte dei suoi studi universitari, delle sue numerose passioni e letture, malgrado “il buio fuori” ha “il senso della frase”. E Jodie? Probabilmente si trova “oltre il confine” del “meridiano di sangue”, e con i suoi “cavalli selvaggi” ormai ha imboccato “la strada” giusta per diventare la “Stella Maris” del Pacifico.