27-02-2025 ore 20:44 | Cultura - Proiezioni
di Paolo Emilio Solzi

One Night, il docufilm proiettato in anteprima alla multisala. E stasera Crema sembra l’Olanda

Ti sei mai chiesto come nasce una canzone?, recita lo slogan di un docufilm proiettato in anteprima il 25 febbraio 2025 alla Multisala Portanova di Crema. La pellicola (si fa per dire, ormai) è diretta da Mattia Limenta, proprietario del Panorama Recording Studio a Offanengo. Il titolo è One Night. Nove artisti, una sola notte, un solo obiettivo. Nove musicisti (più il regista) hanno trascorso “una notte da leoni” presso lo studio di registrazione, per improvvisare una canzone entro la mattina successiva. Sono ventenni, trentenni e quarantenni di Crema e dintorni: Daniele Prete, Filippo Ravasio, Alberto Grana, Mirko Ferrario, Andrea Spinelli, Daniele de Micheli, Mattia Degli Agosti, Andrea Moretti. Un paio sono musicisti professionisti o diplomati al conservatorio. Gli altri fanno principalmente altri mestieri, ma sognano di diventare musicisti affermati. L’unica “quota rosa” è una giovane bergamasca, Federica Scotti, che studia canto da nove anni, anche se al momento lavora soprattutto come social media manager.

 

E questa sera il cinema sembra lo stadio

Il cinema è stracolmo oltre ogni aspettativa degli autori. Circa 250 spettatori, in gran parte amici e parenti degli interpreti. L’atmosfera è piacevolmente caotica, goliardica. Ancora prima che il film cominci, l’entusiasmo si respira nell’aria. Il mood ricorda quello di Fantozzi che guarda la partita davanti al televisore: vestaglione di flanella, calzettoni di lana pesante, scatoloni di popcorn da un chilo, bicchieroni di Coca Cola da un litro, tifo indiavolato e rutto libero. Il pubblico è diviso in tifoserie, che si distinguono chiaramente fin dall’inizio. Ogni volta che un amico appare sullo schermo per presentarsi, raccontare ricordi della nottata (in una sorta di confessionale del Grande Fratello), cantare o suonare, parte una standing ovation in una zona diversa della sala. Alcuni apprezzamenti percepiti nell’oscurità: “Che drago! Che gallo! Che cavallo!”

 

Una notte da leoni

Il film inizia con il ritrovo presso lo studio di registrazione. È la sera del 18 settembre 2024. Dopo le presentazioni, si butta giù qualche idea per il testo. Qualcuno, fra una birretta e una vodka, improvvisa i primi stacchetti. In principio, si tratta di conoscersi. Ognuno ha i suoi gusti musicali o si è formato/specializzato in un diverso genere musicale. C’è chi ama il cantautorato italiano, il black metal, il soul, la musica elettronica, l’indie, la trap. Ciascuno deve metterci del suo, ma lo scopo della nottata è comporre una canzone che unisca tutti questi stili. Le prime idee vengono abbandonate. Si comincia a registrare la batteria, il basso, le chitarre, frammenti di testo. Qualcuno imita Iron-Man esibendosi con un “cuore luminoso” sul petto. Altri citano noti meme: “Per carità, se devi proprio farlo, fallo. Pensaci bene. Potresti anche non farlo… ma se proprio devi farlo, fallo”. Ci si diverte, ma con il passare delle ore cresce negli animi il terrore di ritrovarsi la mattina seguente con i pezzi del puzzle ancora sparsi per la stanza. Registrare le voci non è facile: “Devi cantare un’ottava sopra”, “No. Forse è meglio un’ottava sotto”, discutono i musicisti. “Voi ci avete capito qualcosa?”, si sente sussurrare qualche fila dietro; risposta nel buio: “Io non ci ho capito un tubo”. La svolta arriva prima con un giro di pizze degne delle Tartarughe Ninja, poi con un’idea geniale: disegnare la struttura della canzone su un foglio (intro, strofe, ritornello, ponte e così via). Prima dell’alba, la canzone assume finalmente una forma coerente. “Siamo in ritardo nella tabella di marcia”, commenta qualcuno nelle interviste; gli fanno eco: “È normale che siamo in ritardo. Siamo artisti”. Verso le 9.00 di mattina, la canzone viene conclusa per miracolo. I nostri eroi sono stremati, ma ce l’hanno fatta!

 

Il dopo-festival

La canzone si chiama One Night. La terra che manca. Si può già ascoltare gratuitamente in Internet, ad esempio sul canale YouTube di Paronama Records. È palesemente un’opera collettiva, non partorita dalla mente di un unico compositore. Ma il prodotto finale non è un “mappazzone”, quanto piuttosto un mélange di stili piacevolmente eterogenei, che ha trovato una sua coerenza. La canzone non ha grandi pretese, ma è senz’altro migliore di tante ascoltate a Sanremo negli ultimi anni. Il ritornello è orecchiabile, infatti mamme e figlie escono dal cinema cantando: “E questa sera Crema sembra l’Olanda, non è solo mare ma la terra che manca”. La serata prosegue con un dopo-festival esclusivo fino alle 4.00 del mattino, prima presso la pizzeria della Multisala, poi al bar Parco (attualmente gestito da uno dei musicisti), infine al pub Prince’s Tower, sponsor del docufilm insieme a K2 Service. Durante i festeggiamenti, riesco a strappare commenti, ricordi, sensazioni a quasi tutti gli interpreti. Sono molto gentili e disponibili, alcuni eccitati, emozionati dall’intervista come fossero già delle rockstar. Il regista mi spiega che l’idea è nata dalla visione di We Are The World. La notte che ha cambiato il pop, un docufilm di Netflix che mostra il dietro-le-quinte di una sera del 1985, quando un gruppo di cantanti ha registrato la celeberrima We Are The World. Mattia e il cameramen Daniele Prete hanno effettuato le riprese con due telecamere a mano per trasmettere la spontaneità dell’evento. Anche molte “papere” sono state conservate in fase di montaggio. Nel delirio collettivo del dopo-festival, lubrificato da birre artigianali, amari e gin-tonic, qualcuno azzarda: “Sarà un caso che, nel video della canzone, mentre dicono ‘Che figa questa mora’, inquadrano Federica?” La replica: “Solo una coincidenza? Io non credo”. Sia come sia, la star indiscussa è il giovanissimo Mirko Ferrario, in arte Rabbit, che buca lo schermo più di tutti e improvvisa testi con facilità, proprio come un rapper di lunga data. Scommettiamo che diventerà famoso? Presto potremmo vedere il docufilm “cremasco” su importanti piattaforme di streaming.